Recensione di Paolo Lago al volume Beatrice Hastings in full revolt, Diotauti, Tortora, Le Cicale Operose, 2020
Se solo sapessi che crimini commettere
per trasformarmi per sempre in una rosa!
Beatrice Hastings
Martedì, 18 Febbraio 2020
Il pickwick.it
di
Paolo Lago
Beatrice Hastings è stata una grande scrittrice e
intellettuale ingiustamente dimenticata e relegata nell’ombra per anni. Ha
attraversato la temperie culturale di inizio Novecento e, a Parigi, è entrata
in contatto con svariati poeti e artisti nel momento in cui la capitale
francese era il più importante centro culturale d’Europa. Fra di essi possiamo
ricordare Picasso, Apollinaire, Max Jacob, Cocteau, Matisse e, soprattutto,
Amedeo Modigliani, con il quale ebbe una tempestosa relazione fra il 1914 e il
1916.
A rendere giustizia a Beatrice è oggi
un interessante volume curato da Maristella Diotaiuti e Federico Tortora (Beatrice
Hastings in full revolt, Caffè letterario Le
Cicale Operose) il quale presenta, per la prima volta in Italia, una raccolta
antologica di suoi scritti tradotti, finora mai pubblicati in forma di volume:
poesie, racconti, novelle, memorie, un romanzo breve, articoli politici e
femministi, articoli parigini.
Maristella e Federico, napoletani di origine, da anni gestiscono a Livorno un
caffè letterario, Le Cicale Operose, dove vengono organizzate presentazioni di
libri, concerti, pièce teatrali, letture pubbliche,
aperitivi a tema. Senza ombra di dubbio si può affermare che la loro libreria,
caratterizzata fin dalla nascita come “libreria delle donne” e sensibile
a tematiche di genere, è diventata, negli anni, un vero e proprio centro di
aggregazione culturale, uno dei (pochi) luoghi della città dove ancora si
riesce a fare vera cultura. L’interesse verso Beatrice Hastings, come scrive
Maristella nella premessa del volume, “è nato all’interno di una indagine sul
grande artista livornese Amedeo Modigliani, indagine svolta dal nostro caffè
letterario e libreria delle donne Le Cicale Operose, nell’ambito di un più
vasto programma di valorizzazione e diffusione della scrittura delle donne, dei
loro linguaggi, del loro pensiero e agire politico”. L’opera di diffusione
delle scritture femminili, sia in poesia che in prosa, svolta dal caffè
letterario livornese non poteva quindi certo trascurare la figura di Beatrice
Hastings poiché la scrittrice “propone – continua Maristella Diotaiuti –
un modello di libertà femminile anticonformista e trasgressivo, passando
attraverso la fatica del vivere, le passioni, le amicizie, gli amori, la
malattia e l’isolamento, senza mai però riuscire ad addomesticare la sua
vitalità”.
Hastings propone una scrittura vitale e passionale, una vera e propria
espressione di ribellione nei confronti dell’universo culturale maschile il
quale ha sempre rappresentato un vero e proprio predominio emarginante nei
confronti di molte espressività artistiche femminili. Come scrive sempre
Maristella, “Hastings fa parte, a buon diritto, di quella nutrita schiera di
donne scrittrici, artiste, scienziate, che hanno occupato una posizione
‘anomala’ rispetto al contesto sociale e culturale in cui hanno operato,
avvertite come una sorta di ‘violazione’ verso un insieme di ruoli,
comportamenti, riti, linguaggi delineato dal pensiero maschile, per il solo
fatto di rivendicare spazi di libertà o ricercare l’affermazione della propria
identità in quanto donne”. Una forte identità di genere è stata impressa alla
scrittura di Hastings anche nella traduzione: la traduttrice, Matilde Cini,
lungi dall’aver realizzato una versione filologica dei testi di Beatrice (si tratta
invece di una traduzione “che vuole sorprendere ed emozionare il lettore
italiano come l’originale sorprende ed emoziona il lettore inglese”), afferma
di aver raggiunto (come succede nei casi in cui l’opera di traduzione si situa
a livelli alti) una vera e propria familiarità e vicinanza intellettuale nei
confronti della scrittrice. Come Cini scrive in una nota iniziale, “siamo
giovani donne indipendenti, sradicate, determinate ad affermare la nostra
identità in un mondo complesso in cui sentiamo di dover lottare per poterci
affermare”.
Come ci informa una esaustiva nota biografica a cura di Federico Tortora,
Beatrice Hastings (il suo vero nome è Emily Alice Beatrice Haigh) nasce a
Londra nel 1879 e, successivamente, si sposta con la famiglia ad Hastings per
seguire il lavoro del padre. Ed è proprio da questa città inglese che trae il
nome con il quale sarà nota al pubblico. Dopo aver trascorso alcuni anni della
giovinezza in Sudafrica, a Port Elizabeth, per seguire sempre le attività
paterne, Beatrice torna in Inghilterra e, successivamente, si imbarca per
New York. Tornata a Londra, inizia a collaborare con la rivista The
New Age, per la quale scrive svariati articoli. Ed è proprio in
qualità di corrispondente del The New Age che Beatrice si trasferisce
a Parigi nel 1914 dove scrive utilizzando numerosi pseudonimi e dove incontra
Amedeo Modigliani. Dopo essere tornata in Inghilterra nel 1931, la Hastings,
ormai malata e sofferente, porrà fine alla sua vita il 30 ottobre 1943.
Il libro è diviso in diverse sezioni, ciascuna dedicata ai più diversi generi
di scrittura con i quali la Hastings si è cimentata. La prima sezione è
dedicata alla poesia e, appunto, raccoglie alcune liriche nelle quali si
intersecano immagini di ricordi dell’Africa, di figure legate alla cultura
classica come baccanti, nereidi e ninfe e altre legate alla cultura orientale,
insieme a un profondo vitalismo che pulsa in ogni singola parola. Altre
immagini poetiche, invece, sono maggiormente legate all’impegno civile della
scrittrice, all’ostinata difesa degli esclusi e degli emarginati, fra i quali
si possono annoverare tutti coloro che abitano le terre che subiscono il
colonialismo inglese. La seconda sezione raccoglie alcuni “racconti d’Africa”,
narrazioni in cui l’ambiente africano pare quasi trasfigurato entro una
dimensione mitica e irreale, disseminata di immagini potenti, senza mai
comunque dimenticare un ‘sostrato’ civile sempre presente negli scritti di
Beatrice. Ad esempio, così scrive in Note d’oriolo I: “Conosco gli orrori
dell’Africa. Ho visto i luoghi della sua pena. Essa erra, fissando con occhi
assenti i suoi deserti. Percuote il petto sulle sue montagne rocciose.
Singhiozza nelle paludi dei suoi fiumi sconfitti e nelle foreste senza frutti
echeggiano i suoi sospiri”; mentre, nel corso delle Note d’oriolo,
riecheggia il refrain “L’Africa agli Africani!”.
La terza sezione racchiude alcuni articoli femministi nei quali la Hastings
espone delle riflessioni di una modernità sconcertante, tali da anticipare le
teorizzazioni di Virginia Woolf o, addirittura, certe rivendicazioni del
femminismo degli anni Sessanta e Settanta. All’interno del volume che raccoglie
gli articoli femministi, dal titolo Il peggior nemico della donna: la donna,
è presente quella che è forse la sua migliore prova giornalistica in questo
senso, La donna come creditrice dello stato, uscita sul The
New Age il 27 giugno 1908, una lucida rivendicazione della libertà
femminile e un atto di rivolta contro il potere patriarcale dello Stato che
esercita un vero e proprio dominio sul corpo delle donne imponendo l’ideale
della maternità. Contro l’imposizione ideologica della maternità si scagliano i
dardi di Beatrice – così scrive infatti: “Il supplizio del parto è l’aspetto
più osceno della vita umana” – mentre lucide riflessioni suggellano la fine
dell’articolo: “È chiaro alle donne che qualsiasi accenno di ricompensa per la
loro partecipazione alla creazione dell’umanità è basato sul cinico ripudio
della grandezza del loro servizio; e io ripeto che anche la meschina ricompensa
offerta è priva di valore perché mal indirizzata. L’uomo ingenuo e infantile ha
deciso il contratto per entrambi, per lui e per noi. Ma ha consumato la nostra
innocenza. Adesso siamo pronte a dettare le nostre condizioni; e più accanita
sarà l’opposizione, più ci confermerà la portata dell’assuefazione dell’uomo
alla tirannia”.
La quarta sezione è dedicata agli articoli politici: l’interesse della Hastings
si concentra ancora sulla difesa delle minoranze e degli emarginati, siano essi
i neri d’Africa, vittime della segregazione razziale, gli Ebrei, i Rom, i
carcerati e i condannati a morte. La pena capitale viene condannata come un
“omicidio legalizzato” mentre la penna della scrittrice si pone dichiaratamente
dalla parte dei carcerati preda dell’atrocità dei supplizi e delle pene. Un
articolo è infatti intitolato La ballata del carcere di Reading, come
la famosa poesia di Oscar Wilde, aperta denuncia contro l’atrocità di ogni
condanna. Un altro articolo si concentra invece sulla “legge sulla tratta delle
bianche”, una proposta di legge, il White Slave Traffic Bill, modellata su
una analoga americana e mirata alla criminalizzazione del traffico di donne
bianche per la prostituzione, che la Camera dei Comuni inglese cercò di
introdurre fra il 1910 e il 1913, proposta che incontrò una forte opposizione.
Gli ultimi fra gli articoli proposti sono invece incentrati sul tema della
segregazione razziale in Sudafrica e su un piacevole incontro con dei bambini
“gitani”, vittime di pregiudizi e paure.
Dopo la quinta sezione dedicata alle “impressioni di Parigi”, una serie di
riflessioni sulla città francese in un periodo particolare, l’inizio della
Prima Guerra Mondiale, incontriamo una parte non meno importante, quella che
racchiude le Feminine Fables, cioè le fiabe
femminili (firmate perlopiù con lo pseudonimo di Alice Morning). In esse, la
scrittrice ricorre al mito per rappresentare la sua visione del femminile e per
ribadire il suo pensiero femminista. All’interno di travestimenti mitici e
fantastici è ancora una volta il corpo della donna a essere protagonista:
sembra proprio che il fantastico si trasformi in un’arma di opposizione contro
l’oggettività e la brutalità di ogni potere di stampo patriarcale che intende
infierire pesantemente sul corpo femminile.
Nella sezione n. 7 è invece raccolto un romanzo breve dal titolo Sepolcri
imbiancati, uscito sul The New Age fra aprile e giugno del
1907. Si tratta di una sorta di romanzo di formazione al femminile in cui la
protagonista, la giovane Nan Pearson, da una situazione di inconsapevolezza,
sperimenterà sulla propria pelle la dolorosa ipocrisia sociale dell’istituzione
del matrimonio. Nell'ottava sezione, infine, sono raccolti alcuni brani di Madame
Six, un’autobiografia scritta nel 1920 durante la degenza in un
ospedale parigino.
A chiudere il libro, nella sua prima edizione, è un saggio di Anna Maria
Panzera (Beatrice Hastings ritratta da Amedeo Modigliani) che, in
modo suggestivo, si incentra sui ritratti che Modigliani dedicò a Beatrice
nell’intenso periodo della loro relazione. Bisogna ricordare, infatti, che il
libro è stato presentato per la prima volta a Livorno nell’ambito degli eventi
legati alla mostra Modigliani e l’avventura di Montparnasse.
Per concludere, si può affermare che Beatrice Hastings in full revolt è un
libro davvero importante, importante come lo sono le ricerche pionieristiche
nei più svariati campi, in questo caso in quello letterario. Far emergere una
figura come quella di Beatrice Hastings, riscattarla dall’oblio è stata
sicuramente un’operazione di vera cultura, di quella stessa vera cultura che si
può respirare quotidianamente nel caffè letterario livornese di Maristella e
Federico.
Maristella Diotaiuti, Federico Tortora
Beatrice Hastings in full revolt
traduzione testi Matilde Cini
con un saggio di Anna Maria Panzera
Livorno, Le Cicale Operose, 2020
pp. 284
Paolo Lago è critico letterario e cinematografico, fra le sue ultime pubblicazioni: La natura ostile. Visioni e prospettive nella narrativa contemporanea, Terracqua, 2023, Salvatrici del mondo. Personaggi femminili nella fantascienza italiana contemporanea, Giorgio Pozzi editore, 2024, scritto con Francesca Fiorentin e Spazi contesi. Cinema e banlieue, Milieu, 2024, scritto con Gioacchino Toni. È in corso di pubblicazione Ibridazioni. Viaggio nell'immaginario tecnologico di David Cronenberg, Rogas, 2025, scritto con Gioacchino Toni. Docente di materie letterarie scrive in varie riviste di letteratura e cinema.