Appunti di Maristella Diotaiuti per il Simposio on-line sulle sorellanze, ideato e a cura di Valeria Bianchi Miani: “Luci e ombre del femminile plurale” (14 maggio, 2025).
Con Valeria Bianchi Mian, Cinzia Caputo, Maristella Diotaiuti, Silvia Rosa.
La sorellanza è un legame orizzontale, tra donne che si incontrano e si relazionano, ma è anche un legame verticale, un’eredità che si tramanda, un modo per passare le une alle altre quegli anticorpi che è necessario
acquisire per contrastare lo
sguardo patriarcale che anche le
donne sono state educate a utilizzare per osservare se stesse e le
altre.
Da questo punto di vista, Hastings è sicuramente una figura emblematica, direi paradigmatica in tal senso, utile per parlare dei rapporti tra donne, della sororanza, dei chiaroscuri del femminile, dal momento
che non solo ha sollevato, nelle sue opere, la problematicità di questi rapporti e le ambivalenze del femminile del suo tempo (siamo nella prima metà
del ‘900), ma che ha anche subìto
in prima persona gli effetti di un
certo sguardo e di una certa
mancata solidarietà femminile.
Hastings ha
avuto il coraggio di dire cose scomode sulle donne ma che riteneva
necessarie, di contestare
non solo il maschile, verso il
quale si è scagliata sempre violentemente, senza riserve, ma anche un femminile che ancora vedeva compromesso da un patriarcato
pervasivo e fortemente introiettato,
di criticare quelle donne che avevano
assunto come proprio il sistema valoriale maschile e lo difendevano e agivano, a scapito del proprio
femminile. (immagine quanto mai attuale, direi, purtroppo!)
E molte sue idee poi erano
talmente all’avanguardia, e in
anticipo sui tempi, da risultare
irricevibili, disturbanti
e anche pericolose (dagli uomini
sicuramente, ma anche dalle donne, o almeno un certo tipo di donne, diremo più
avanti).
Hastings ha
parlato di “sorellanza”
in termini politici in tempi in cui non
è ancora nemmeno coniato il
termine. Il concetto di
sorellanza arriva, infatti, piuttosto
recentemente e in una certa
accezione, di unione di anime,
di empatia. In Italia il termine
sorellanza viene addirittura proposto
da un uomo, Vittorio Ceroni, in una lettera all’Accademia della Crusca
(proponeva di usare appunto la parola “sorellanza” perché trovava poco adatta
la parola fratellanza per spiegare certi legami tra donne soprattutto legati al
corpo).
Il termine sorellanza poi entrerà nel linguaggio comune negli anni settanta, con le femministe della seconda ondata, che introdussero il motto “la sorellanza è potente”, e a dargli una portata politica, portandolo
alla base stessa del movimento come motivo di unione per la lotta contro il patriarcato.
Anche per Hastings la sorellanza è potente, come sente potente il femminile. Crede fortemente nel femminile come forza, energia creativa, generatrice e
rigeneratrice, è per un
femminile libero, liberato, luminoso, propone il pensiero e le pratiche delle donne: pratiche di relazione, di solidarietà, di
soluzione pacifica dei conflitti, di
pace, libertà e felicità, piacere,
di bellezza (il sistema valoriale che realizza, se pur nella finzione letteraria, in una sua opera, un romanzo
epico-cavalleresco La commedia delle fanciulle, Terra d’ulivi Edizioni, 2025), attraverso quella che lei
chiama la crociata della bellezza. Un femminile che non si è mai
realizzato nella storia, nel mondo, perché la storia è stata fatta, ed è fatta dagli uomini. Il mondo è un mondo tutto declinato al
maschile, complici, dice
Hastings, anche le donne che si fanno
servitrici, ancelle del patriarcato.
Per questo Hastings sente l’esigenza di chiamare a raccolta le donne, una chiamata a fare gruppo, all’impegno condiviso,
alla lotta condivisa contro
l’ingiustizia patriarcale (pensiero che fu poi del femminismo degli anni ‘70). E
lo fa attraverso la sua scrittura, le
sue opere, è un filo rosso
che percorre tutte le sue opere: articoli, saggi,
romanzi, novelle, poesie quali Vashti, Compagne,
Le terre rubate e molte poesie che si rifanno al mito, ove recupera figure
femminili mitologiche in una rilettura moderna e anche femminista.
Hastings è consapevole che la solidarietà femminile non è realizzabile
in seno al patriarcato, che occorre un atto di forza, anche da
parte sua come scrittrice donna.
Questo atto di forza lo compie soprattutto
in un suo saggio, Il
peggior nemico della donna: la donna (Astarte Edizioni, 2022), il suo libro più politico,
più urticante e più eversivo, e
anche più duro e dirompente, che già dal titolo rivela tutta la sua portata provocatoria e di rottura, perché va a
toccare punti nevralgici e nervi
scoperti, tanto da provocare,
già all’indomani della sua uscita, le reazioni degli uomini e delle
donne, da quelle più compromesse
col sistema patriarcale a quelle
più vicine ai movimenti di rivendicazione femminile, a cominciare dalla suffragiste che l’hanno a più riprese attaccata ferocemente e definita una disfattista, una nemica delle donne e una antifemminista, fraintendendo totalmente il
suo messaggio. Tutte si sono sentite colpite, chiamate in causa, ma era esattamente lo scopo di Hastings scuotere
coscienze. Infatti, in questo libro sottopone
a critica feroce tutta la costruzione patriarcale della femminilità e della maternità, del matrimonio e della
sessualità, e quindi il topos,
lo stereotipo di donna moglie-madre-angelo del focolare, stucchevole e
ingabbiante per le donne e voluto dal patriarcato, in cui però le donne si sono
accomodate. Ma il suo assalto non è
portato indiscriminatamente a tutte le donne, ma solo a coloro che hanno tradito il femminile, perché
hanno sottratto se stesse e le proprie figlie, le giovani donne, fin dalla
nascita, alla genealogia (ideale e reale) del materno, del femminile,
ascrivendole invece all’ordine valoriale paterno e maschile, rendendosi complici, vestali, ancelle dell’ordine
patriarcale. Hastings è contro quelle
donne che hanno assunto la maternità e il matrimonio come viatico sociale, come strumento,
mezzo per garantirsi privilegi e
protezioni e, attraverso lo status di donna sposata, opprimere le figlie, destinandole inevitabilmente
e forzatamente allo stesso ruolo,
quindi perpetuando il patriarcato. Opprimere anche le altre donne non conformi a quel modello, e nel pamphlet,
in maniera molto puntuale e radicale, Hastings elenca queste altre tipologie femminili. Anche in questo è molto
moderna, anticipando molti temi
dell’intersezionalità, perché comprende che finché le donne usano il loro potere di classe o di razza per dominare
altre donne, la sorellanza femminista non può realizzarsi. Anche qui Hastings anticipa tematiche che ancora oggi
resistono. Sappiamo quanto ancora
oggi le donne che non hanno figli sono stigmatizzate, ritenute
incomplete, inconcluse, come se l’identità della donna, e in alcuni
casi, il suo ruolo nel mondo, passasse ancora e solo attraverso la maternità e il
matrimonio. Per Hastings ogni donna ha
il diritto di poter scegliere se
essere madre o no, di rinunciare
ad essere madre senza riceverne uno stigma sociale. È contro la maternità imposta alle donne come
un destino inevitabile, come un
obbligo imprescindibile e naturale, ma ha un’idea altissima della maternità se scelta e consapevole, assimila la
vera madre a una dea, colloca la
maternità in una dimensione sacrale. Hastings vorrebbe la donna liberata, a partire dall’educazione, la cultura, l’istruzione, il lavoro, di
stampo sempre patriarcale, se non misogino, e anche capitalistico, libera da
un’idea di sessualità finalizzata alla procreazione che non prevede il piacere
della donna, che la vuole asessuata (secondo la dicotomia madonna/puttana). È
per la pratica dell’amore libero, che lei stessa ha realizzato nella sua vita
personale di donna.
Il patriarcato ci ha privato da secoli l’una dell’altra attraverso
un processo di deprivazione materiale e
simbolico, funzionale al nostro sfruttamento, che ci separa costantemente. Le dinamiche patriarcali che tutte,
nostro malgrado, abbiamo interiorizzato
ci rendono allo stesso tempo attratte e diffidenti l’una verso l’altra.
Per questo
Hastings ha scelto, sollecitato il confronto tra donne, smantellando gli stereotipi sessisti
interiorizzati. Il conflitto è per Hastings una pratica politica e un
modo per costruire la vera solidarietà, una solida sorellanza.