venerdì 14 novembre 2025

Regimi totalitari, di Rita Ciatti.

 



Nella loro concezione le strutture zootecniche hanno molto in comune con i regimi totalitari; nell'ideazione, li superano per assolutezza e raffinatezza dei metodi.

Sono luoghi in cui il controllo del vivente è totale, dal concepimento alla "soluzione finale" del mattatoio; luoghi in cui il vivente, anche umano, è inquadrato entro una rigida gerarchia fino ai gradi più bassi, che sono quelli in cui smette di essere tale e diventa prodotto.

Le femmine, le fattrici (notare anche il linguaggio, l'adozione di termini tecnici apparentemente neutri o diventato familiare nell'uso così da non smuovere più nessun sussulto), in questo sistema, ad esempio, contano leggermente di più perché sono quelle che forniscono la viva carne o il latte e le uova, ma solo finché sono in grado di farlo, altrimenti anche loro diventano carne da macello.

Sono sistemi, inoltre, che si reggono su un'assidua propaganda volta a mistificare l'attività che si svolge al suo interno e persino, tramite quello che Orwell chiama il "Bipensiero", a negarla, tramite un efficace esercizio di condizionamento e manipolazione mentale che comincia sin dalla più tenera età. In fondo, quando ai bambini viene presentata la carne sul piatto, non gli si dice certo che è il coniglietto, il vitellino, o il maialino che hanno imparato a conoscere attraverso le fiabe, accarezzato o osservato in montagna, o il rappresentante con cui hanno giocato sotto forma di peluche, giusto?

Da grandi questa atroce verità si scopre, ma all'interno di un contesto sociale in cui abbiamo imparato che la vita degli altri animali comunque conta meno e, ad ogni modo, ecco che il sistema zootecnico è subito pronto ad attenuare qualsiasi scrupolo morale con la menzogna del benessere animale. C'è qualcosa di particolarmente manipolatorio - ed evidentemente confortante - nel convincere le persone a credere che nei mattatoi - che sono l'anello ultimo dell'industria zootecnica, indissolubilmente legati a qualsiasi tipologia di allevamento, anche di quelli per produrre latte e uova - possa esserci spazio per la gentilezza e il rispetto.

Esattamente come è ed è stato in ogni regime totalitario, affinché si mantenga è richiesta tuttavia una certa complicità del popolo stesso, o almeno di una parte, quella ignava, indifferente, interessata più ai vantaggi immediati che può ottenerne, a patto della sua stessa compromissione, che alla liberazione degli oppressi.

Tra sistema zootecnico e regimi totalitari, vi è però una differenza sostanziale: e cioè la sua sistemica sistematicità diffusa e accettata in tutto il mondo.

Come in ogni regime, ci sono anche forme ed episodi di resistenza, singoli e collettivi.

Gli animali oppressi resistono singolarmente, noi vegani lo facciamo collettivamente.

Ecco, no, non siamo estremisti, siamo coloro che resistono continuando a vedere nel prodotto l'individuo che è stato, o che avrebbe potuto essere, nonostante il sistema zootecnico abbia fatto di tutto per annientare la sua individualità e per cancellare l'evoluzione di tantissime specie.

Controllando il vivente, modificandolo geneticamente a diventare un prodotto sempre più soddisfacente (mucche che danno più latte, vitelli con carne più bianca e tenera, polli ingrassati in pochissimo tempo, uova con meno colesterolo, prosciutti più magri e così via), l'industria zootecnica distrugge e modifica quella che chiamiamo "biodiversità" trasformandola in prodotti per il mercato. Rende noi consumatori anziché persone complesse e gli animali prodotti.

La riduzione del vivente, tutto, noi compresi, a una sola dimensione, consumatori e prodotti, all'interno di una società che è diventata un mercato, una massiccia fiera del bestiame, in ogni senso, totalitaria e assoluta.