Nella loro concezione le strutture zootecniche hanno molto in comune con i regimi totalitari; nell'ideazione, li superano per assolutezza e raffinatezza dei metodi.
Sono luoghi in cui il controllo del
vivente è totale, dal concepimento alla "soluzione finale" del
mattatoio; luoghi in cui il vivente, anche umano, è inquadrato entro una rigida
gerarchia fino ai gradi più bassi, che sono quelli in cui smette di essere tale
e diventa prodotto.
Le femmine, le fattrici (notare anche il
linguaggio, l'adozione di termini tecnici apparentemente neutri o diventato
familiare nell'uso così da non smuovere più nessun sussulto), in questo
sistema, ad esempio, contano leggermente di più perché sono quelle che
forniscono la viva carne o il latte e le uova, ma solo finché sono in grado di
farlo, altrimenti anche loro diventano carne da macello.
Sono sistemi, inoltre, che si reggono su
un'assidua propaganda volta a mistificare l'attività che si svolge al suo
interno e persino, tramite quello che Orwell chiama il "Bipensiero",
a negarla, tramite un efficace esercizio di condizionamento e manipolazione
mentale che comincia sin dalla più tenera età. In fondo, quando ai bambini viene
presentata la carne sul piatto, non gli si dice certo che è il coniglietto, il
vitellino, o il maialino che hanno imparato a conoscere attraverso le fiabe,
accarezzato o osservato in montagna, o il rappresentante con cui hanno giocato
sotto forma di peluche, giusto?
Da grandi questa atroce verità si
scopre, ma all'interno di un contesto sociale in cui abbiamo imparato che la
vita degli altri animali comunque conta meno e, ad ogni modo, ecco che il
sistema zootecnico è subito pronto ad attenuare qualsiasi scrupolo morale con
la menzogna del benessere animale. C'è qualcosa di particolarmente
manipolatorio - ed evidentemente confortante - nel convincere le persone a
credere che nei mattatoi - che sono l'anello ultimo dell'industria zootecnica,
indissolubilmente legati a qualsiasi tipologia di allevamento, anche di quelli
per produrre latte e uova - possa esserci spazio per la gentilezza e il
rispetto.
Esattamente come è ed è stato in ogni
regime totalitario, affinché si mantenga è richiesta tuttavia una certa complicità
del popolo stesso, o almeno di una parte, quella ignava, indifferente,
interessata più ai vantaggi immediati che può ottenerne, a patto della sua
stessa compromissione, che alla liberazione degli oppressi.
Tra sistema zootecnico e regimi
totalitari, vi è però una differenza sostanziale: e cioè la sua sistemica
sistematicità diffusa e accettata in tutto il mondo.
Come in ogni regime, ci sono anche forme
ed episodi di resistenza, singoli e collettivi.
Gli animali oppressi resistono
singolarmente, noi vegani lo facciamo collettivamente.
Ecco, no, non siamo estremisti, siamo
coloro che resistono continuando a vedere nel prodotto l'individuo che è stato,
o che avrebbe potuto essere, nonostante il sistema zootecnico abbia fatto di
tutto per annientare la sua individualità e per cancellare l'evoluzione di
tantissime specie.
Controllando il vivente, modificandolo
geneticamente a diventare un prodotto sempre più soddisfacente (mucche che
danno più latte, vitelli con carne più bianca e tenera, polli ingrassati in
pochissimo tempo, uova con meno colesterolo, prosciutti più magri e così via),
l'industria zootecnica distrugge e modifica quella che chiamiamo
"biodiversità" trasformandola in prodotti per il mercato. Rende noi
consumatori anziché persone complesse e gli animali prodotti.
La riduzione del vivente, tutto, noi
compresi, a una sola dimensione, consumatori e prodotti, all'interno di una
società che è diventata un mercato, una massiccia fiera del bestiame, in ogni
senso, totalitaria e assoluta.
