lunedì 21 aprile 2025

Il riso della donna per la 'Crociata della Bellezza' di Beatrice Hastings.

 








Il riso della donna per la 'Crociata della Bellezza' di Beatrice Hastings.

di Maristella Diotaiuti.

Hastings sostiene tutta la positività della presenza delle donne nell’arte, nella storia e nel processo di civiltà. Non a caso la missione eroica del cavaliere-maschio, da “Crociata di guerra” si trasforma in Crociata della Bellezza promossa e portata avanti, significativamente, proprio dalle due fanciulle, dove l’impegno — non la lotta — è per affermare tutto un sistema di pensiero e di pratiche del femminile che innova la creazione artistica, demitizza le retoriche della guerra, del militarismo e del patriottismo virile, propositivo, viceversa, di pratiche di relazione solidali, libere e tra uguali, di soluzioni pacifiche dei conflitti, un sistema oppositivo, quindi, all’immaginario e al sistema maschile di potere e dominio, fondato sul binomio potere/obbedienza.

In questa Crociata al femminile, anche il riso, che abbiamo rintracciato nel testo, si carica di altre valenze e di una ulteriore carica eversiva, dal momento che viene assunto e agito dalle due protagoniste, e per loro tramite dall’autrice, trasgredendo un ordine secolare che lo proibisce alle donne sancendone la inaccettabilità, la sconvenienza, l’oscenità.

Il riso della donna è stato ritenuto disdicevole perché, alterando i tratti distintivi della donna, ne stravolge la giusta forma, ne compromette bellezza, dignità e virtù. La seduzione da lei attivata nel dischiudere le labbra ridendo, è segno di una assertività femminile di per sé già trasgressiva. Il corpo della donna, che nella risata si mette in movimento rompendo un’immagine statica, stereotipata, di misurato equilibrio, diffusa nell’immaginario e nell’iconografia maschile, assurge al ruolo di corpo di un soggetto che autonomamente decide di aprirsi e, quindi, diventa disturbante e perturbante, anche perché in tal modo si sottrae al tradizionale controllo del corpo ad opera dell’uomo, divenendo inquietante e riprovevole non solo in termini morali, ma anche in ambito sociale. Per lungo tempo il riso delle donne è stato inteso come “colpa” in quanto motore di disordine sociale, fattore d’instabilità, corruttore della staticità della donna, della fissità ideale della sua figura e del suo tradizionale ruolo passivo.

Del resto la parola latina culpa deriva dal greco kolpos, che significa vagina e indica “mancanza”, “vuoto” ma anche “azione” che contravviene alla norma, etica e religiosa, e che produce un effetto negativo, corrompe, diventa gesto diabolico e depravato, apre un varco, un passaggio che dovrebbe restare chiuso 8.

Hastings, ne La commedia delle fanciulle, sembra ribaltare completamente questi assunti, questi presupposti, puntando, viceversa, sulla potenza della risata delle donne, sulla sua portata energetica, apotropaica, salvifica e sacrale, derivando il riso, sul piano dell’immaginario, direttamente dai miti nei quali veniva associato alla vita, alla funzione generatrice e rigeneratrice e quindi proprio all’organo genitale femminile. Basti ricordare la figura di Iambe o Baubò, una creatura fantastica, forse una divinità, dal corpo insolito che coincide con la vulva, senza testa e senza gambe, che con le sue celie, le sue amene spiritosaggini, riporta il riso sulla bocca di Demetra, smarrito durante la disperata ricerca della figlia Persefone, e quindi la vita sulla terra, ripristinando il ciclo vitale delle stagioni e delle messi. Il mondo, la terra e il ventre delle donne riprendono a fiorire. Come dire che le facezie femminili possono essere efficace cura e formidabile farmaco. Quel parlare con la vagina è, simbolicamente, parlare con la prima materia, la os vitale, dalle profondità del materno e del femminile.

Nel romanzo di Hastings questa funzione-identità sembra essere assunta da Dota Filjee, una della due protagoniste femminili, che più di altre abita una dimensione magica e istintuale, in cui coesistono erotismo e castità, malizia e ingenuità, ferinità e divinità, che l’avvicinano alla figura ambivalente della fata-strega ma con funzioni benefiche.

Nel romanzo, inoltre, il riso viene associato alla bellezza, svincolandolo, scardinandolo dal topos della donna-mostro, portatrice di sventure e di morte. Scriverà più tardi, in proposito Helene Cixous, rivisitando la figura della Gorgone: Devi solo guardare Medusa dirittamente e vederla. Ed ella non è mortifera. È bella/magnifica/stupenda e sta ridendo 9. Si tratta di una rivalutazione e di uno spostamento dell’immagine del femminile compiuta attraverso la ri-considerazione del riso femminile, non quale azione pericolosa, bensì atto generativo, rigenerativo, salvifico, e che può essere visto e fruito solo se ci si mette “in relazione”, se si ha uno sguardo realmente interessato a vedere l’altra.

Mettendo, inoltre, in stretta relazione il riso con la bellezza, e quindi con l’estetica, Hastings apre anche a un’altra accezione della Crociata della Bellezza, che è poi forse l’unica morale rintracciabile del e nel romanzo, anzi ne costituisce l’asse, il perno su cui ruota tutto l’impianto, cioè di Crociata dell’Arte, nella quale l’arte acquisisce e svolge un ruolo essenziale, in quanto forza vitalistica ed enzimatica del processo di rinnovamento della società e del mondo.

Per Hastings, sulla scia di Nietzsche, il principio estetico è il principio ontologico fondamentale: solo l’arte giustifica l’esistenza, mette in sintonia con la vita, può spiegare l’essenza del mondo, aiuta a scoprire il senso delle cose e a dare senso alle cose, spiega l’esistenza e la rende sopportabile. La bellezza artistica ci permette di liberarci dalla costrizione della realtà e quindi ci promette la libertà, la felicità. Il bello è promessa di felicità, annuncia la possibilità di qualcosa che nel tempo è possibile realizzare.

Della crociata della Bellezza, dunque, promotore e protagonista potrà essere solo l’artista che per Hastings incarna pienamente l’ideale nietzschiano dell’Übermensch. L’artista è l’Oltreuomo, è colui che danza liberamente e con leggiadria, l’uomo e la donna che sanno godere della terra, del corpo, della vita e delle sue gioie senza farsi frenare dal senso di colpa e dalla voce della coscienza.  

M.D.

* tratto dalla Prefazione di Maristella Diotaiuti nel libro La commedia delle fanciulle, di Beatrice Hastings, a cura di Maristella Diotaiuti, traduzione di Rubina Valli, Terra d'ulivi Edizioni, 2025.

**Immagine: Danza delle Baccanti.


8 Quanto la risata delle donne possa essere percepita come perturbante, addirittura fagocitante e antropofaga, ce ne dà un esempio T.S.Eliot in Hysteria: Non appena udii il suo ridere sapevo di essere la causa stessa di quelle risate, finché i suoi denti non furono che stelle accidentali con un vero talento per l’ordine chiuso. Venni inghiottito a piccoli rantoli, inalato in ogni momentanea guarigione, finalmente perso nelle buie caverne della gola, ammaccato dall’incresparsi delle membra nascoste. […] Allora decisi che quel suo fremere di seni poteva essere riassemblato, e concentrai la mia attenzione con delicata accortezza a questo fine.

9 H. Cixous, “The Laugh of the Medusa”, in “L’Arc”, poi in “New french feminism: an anthology” a cura di E. Marks e I. de Courtivron, University of Massachusetts Press, Amherst 1980, pp 245-264.