Un poetico differire, di Lucio Macchia
«Suona l'Eterno Ritorno: qualunque cosa tu voglia,
voglila in maniera tale che tu possa
volerne anche l'eterno ritorno»
(G. Deleuze)
Cosa cerca il poeta (l’artista) nelle cose? Cosa cercava Cézanne nei suoi frutti, nei suoi oggetti? Semplicemente il loro differire, il loro proporsi come sempre nuovo evento d’essere, ripetersi di una differenza alla maniera di Deleuze (Differenza e ripetizione, 1968). Non il fatto che quella mela sia differente da un’altra mela in alcuni aspetti fissati e predeterminati, all’interno di una medesima classe, ove esse si trovano rigidamente catturate dall’identità dell’idea che ce le fa apparire come copie di un modello platonico. Non le varianti intra-categoriali per cui di fronte a un albero o a una collina o a un torrente, vediamo l’albero, la collina, il torrente come versioni di un’idea di fondo che le schiaccia tutte dentro un logos prestabilito, e quindi ci allontana da esse in quanto tali, dal loro puro instanziarsi di fronte a noi. Non questo articolarsi del pensiero/linguaggio che, operando per astrazione, ci porta sempre altrove, ci fa trascendere: tutto questo ci allontana dall’originale esistenza, dall’esserci in quanto tale. Poetare è re-incontrare quell’esistenza rimossa. Tendere alla nuda ripetizione del nuovo: la foglia mai nata che di fronte a noi nasce, la molteplicità del mondo incatturata dall’azione assoggettante dell’idea. Questo e-venire continuo del nuovo riaccende lo stupore perduto dentro la logica classificatoria dell’idea. Non più un albero, ma “dell’albero”, un qualcosa d’incoglibile dal logos, che a noi sorge ancora. Ancora equinozio, luna piena, vita – Pasqua. Lacan ha detto che la parola dell’amore è “encore”: volere ancora e ancora il ripetersi di quella differenza che pure mantiene il carattere del nuovo. Ancora un mattino, ancora l’aria fresca, ancora la vita in un modo che non fu mai, che si fa evento qui, per la prima volta al mondo ma che pure, allo stesso tempo, eternamente ci ritorna: Miracolo nudo, rottura, sbriciolìo / Per una sola creatura (P. Éluard).
Immagine: Cézanne