Souvenir di Jeanne Modigliani, di Mario Di Chiara.
Nel corso dell’intervento[1] del 13 luglio 2025 dedicato a Modigliani presso Le Cicale Operose (Le Cicale Operose per Amedeo Modigliani, https://www.facebook.com/events/1286591789555037?active_tab=about) ho proposto, tra l’altro, qualche souvenir dalla vicenda personale della figlia Jeanne, basati su articoli di stampa raccolti nell’arco del tempo.
Porto il nome di Modigliani perché fu mio zio Giuseppe
Emanuele a riconoscermi. Mi raggiunse a Parigi, dopo la morte dei miei genitori
quando non avevo che pochi mesi, e mi condusse a Firenze dalla nonna Eugenia.
Più tardi negli anni, quando reputò che fossi in grado di comprendere, lo zio
mi raccontò la strana storia della mia famiglia.[2]
Così
Jeanne Modigliani riferisce al cronista nel cui articolo è però possibile
riscontrare varie semplificazioni, o abbreviazioni giornalistiche per comodità
di esposizione, come ad esempio sul concetto di genitori. Infatti agli inizi
degli anni ‘80 del novecento, a memoria non riesco ad essere più preciso, la
rai inviò un cronista sportivo ad intervistarla e ad un certo punto lei,
riprendendo il giornalista che gli chiedeva dei suoi genitori esclamò: Non sono stati i miei genitori, erano due
ragazzi o perlomeno è così che li considero, perché in realtà non li ho
conosciuti![3]
È
facile avvertire quanto controversa sia stata la vita di questa donna fin dalla
più tenera età, lacerata da sentimenti così radicali e contrastanti, oltreché
probabilmente afflitta da milioni di domande che non avevano interlocutori
possibili. Sappiamo infatti che i nostri processi di apprendimento e crescita,
fin da bambini, si basano sull’emulazione dei comportamenti dei modelli che
abbiamo più vicini. Nel caso di Jeanne Modigliani un percorso del genere si è
molto differito nel tempo.
Quando nel 1958 diede alle stampe Modigliani
senza leggenda, libro intitolato alla memoria del padre,[4] aveva
ormai 40 anni, ed è solo nel 1964 che esordì con la sua prima mostra personale
in Italia,[5] maturata
evidentemente nel tentativo di riconnettersi ai genitori attraverso la pratica
del dipingere.
Ho lottato per quarant’anni per non cedere a questa
tentazione, poi ha vinto la pittura.[6]
A
questa sua prima esposizione alla galleria d’arte “l’Obelisco” (attiva dal 1946
al 1978 in via Sistina 78 a Roma) fu notata già come ben orientata verso uno
stile astratto che non si addentrava nell’informale; è una protagonista
del suo tempo che guarda alla contemporaneità con forse alcune riserve derivate
dalla formazione come storica dell’arte.
Inevitabilmente
la sua traiettoria come artista soffrì del cognome ingombrante del padre, tanto
da non riuscire mai a riscuotere particolare attenzione, e il 18 giugno del
1988 - a quattro anni dalla sua prematura scomparsa – alcuni collezionisti e la
famiglia che forse non aveva sufficiente spazio per contenere la sua
produzione, misero prima in mostra e poi subito in asta presso l’Hotel Drouot
di Parigi, centottantuno sue opere. Il libro che accompagnò la vendita fu il
catalogo dell’opera che non ebbe mai in vita.
Poco prima
di scomparire, agli inizi di quel luglio 1984, a proposito del padre aggiunse:
Mio padre era un uomo che viveva al di fuori degli
schemi borghesi. Era ammirato dalle donne ed ebbe molte avventure. Quando a venti
anni mi trasferii a Parigi[7]
fui oggetto di curiosità da parte di molte donne che vennero a cercarmi per
vedere com’ero fatta. Probabilmente volevano ritrovare in me quei stessi tratti
dell’uomo che avevano tanto amato.[8]
Mario
Di Chiara
Foto n. 4
[1] Cenni sulla formazione socioculturale di Amedeo Modigliani e l’avventura critica del suo lascito (1875-1915), a cura di Mario Di Chiara.
[2] - Intervista di Enrico Giuffredi ed Emilio Ronchini, raccolta a Parigi ai primi di luglio del 1984, editore Rusconi.
[3] Purtroppo non ho i riferimenti esatti di questa intervista, da cui però trassi vari appunti mentre la vedevo in televisione, sulla rai, probabilmente in prossimità del centenario dalla nascita di Amedeo Modigliani, quindi nel 1984.
[4] Modigliani senza leggenda, di Jeanne Modigliani, scritto come reazione, in special modo, ai libri firmati dal poeta André Salmon (1881-1969) il primo ad avvantaggiarsi della fama postuma di Modigliani con una narrativa agiografica e priva di sostanza, costellata di ‘invenzioni poetiche’ e gratuite falsità.
[5] Sua prima mostra personale in Italia in quanto l’anno prima, 1963, aveva già esposto presso la Galerie Horn in Lussemburgo.
[6] Jeanne Modigliani 1918-1884, Edizioni Drouot, giugno 1988, Parigi.
[7] Idem
[8] Intervista di Enrico Giuffredi ed Emilio Ronchini, raccolta a Parigi ai primi di luglio del 1984, editore Rusconi.