Il
31 agosto 1975 su La Stampa esce la prima puntata del racconto inchiesta di
Leonardo Sciascia La scomparsa di
Majorana. Come sa chi lo abbia letto, la tesi dello scrittore siciliano è
che il fisico, scomparso nel 1938 durante un viaggio in mare, non si sia
suicidato, ma si sia ritirato in un convento per sottrarsi alla responsabilità
etica di aver concorso alla realizzazione della bomba atomica. Alla ricerca di
riscontri in favore di questa tesi Sciascia contatta, grazie all’intervento di
Vincenzo Consolo, una germanista dell’università di Munster, di origini italiane,
Lea Ritter Santini. Perché? La professoressa ha avuto rapporti con il padre della
fisica quantistica Werner Heisenberg e la chimica Ida
Noddack. Centrale è quest’ultima figura. In un articolo del 1934 fu lei a
formulare per la prima volta la possibilità della fissione dell’uranio
attraverso un bombardamento con neutroni. Nel dicembre del 1975 Santini contatta Noddack, ormai ottantenne, e le scrive “Inviai un copia del mio articolo sull’elemento 93 al professor Fermi
e sono sicura che Majorana l’abbia letto”. La risposta della Noddack è
laconica. Eppure, lascia aperta la soglia per ricostruzioni sorprendenti. “Sono
sicura che Majorana lo abbia letto”.
Sul
retro della lettera si trova un post scriptum: “un giornalista ha scritto una
volta che forse la Seconda Guerra Mondiale non avrebbe avuto luogo se nel 1934
si fosse dato credito alla mia interpretazione”. Non possiamo dire se sarebbe
andata proprio così, o all’opposto se gli esiti sarebbero stati più nefasti,
avendo consentito alla Germania di arrivare prima a possedere l’atomica. Ma la
scoperta è che questa ha avuto una madre spirituale, prima ancora di un padre. Ancora
una volta, troviamo conferma che il pensiero meridiano è un crocevia importante
dentro una storia, che invece lo ha relegato ai margini. Senza Sciascia, senza
Majorana, una figura scientifica importante come la chimica Ida Noddack sarebbe
rimasta dimenticata.
Pasquale Vitagliano