sabato 15 febbraio 2025

"La subordinazione dell’anima umana alla forza", di Pasquale Vitagliano.

 












Agli inizi della guerra in Ucraina Adriano Sofri ha sostenuto una tesi davvero interessante. “L’ossessione di Putin per l’Ucraina somiglia a quelle di certi uomini per la ex moglie che hanno amato, al punto di ucciderla. Mi è sembrato un pensiero folgorante: l’Ucraina è mia perché lo è stata, e se non vuole essere più mia non sarà di nessun altro. Un corto circuito fra guerra e femminicidio: mai casus belli è stato più nitido”. Se aggiungiamo che stiamo parlando del paese dove la pratica della maternità surrogata è più diffusa, il cerchio sembrerebbe chiuso. Ed invece il cerchio lo riapre Simon Weil. Nella sua riflessione che illumina ancora oggi incontriamo la rilettura dell’Iliade. “La forza ne è l’unico eroe. (…) L’amarezza verte sull’unica giusta causa di amarezza: la subordinazione dell’anima umana alla forza, cioè, in fin dei conti, alla materia”. La forza rende chiunque le è sottomessa pari ad una cosa. A questo punto, mi permetto di ribaltare la tesi di Sofri, cui potremmo aggiungere il tema dell’accanimento di Israele su Gaza – Tu non mi vuoi, allora io ti distruggo. Non è la guerra, evento particolare, paradigma della guerra al patriarcato, struttura generale. Forse è il contrario, i femminicidi sono archetipo della generale indomabile soggezione di tutti gli esseri umani alla legge orrenda della Forza, e, nello specifico, della Forza del genere maschile sul genere femminile. Se così fosse, la liberazione femminile, prima di tutto dalla violenza subita, acquista un valore universale e politico, di liberazione umana.

Pasquale Vitagliano