Brevi note di Maristella Diotaiuti
per la presentazione del libro fotografico “New
York”, di Claudio Barontini, 25 settembre 2020, Le Cicale Operose.
Claudio Barontini
unisce in sé l’interesse, la passione per diversi linguaggi artistici: la
pittura, la musica e,
naturalmente, la fotografia, con
la quale ha iniziato una lunga ricerca,
profonda e analitica, che lo
porterà ad indagare sia luoghi reali,
esteriori, ma anche luoghi, spazi
interiori attraverso i ritratti
di personaggi famosi e non, muovendosi sempre tra una rappresentazione del reale e una interpretazione mediata dalla sua sensibilità
di artista.
A guardare le foto di Claudio Barontini mi sembra di cogliere, di leggere questa
tensione, questa volontà di mettere insieme, di far confluire più linguaggi.
E quindi il libro di stasera può
essere definito una “narrazione per immagini”, una
scrittura fatta non con l’inchiostro, ma con la luce, nella quale la materia viene letta come un testo e
l’immagine ha la forza, l’energia della
parola, del segno verbale.
Una sua fotografia ci trasmette anche la simultaneità delle esperienze sensoriali
che Barontini fotografo ha provato, e che sono poi culminate nell’attenzione dell’occhio,
nella volontà di entrare in una sorta
di mistero e di miracolo, nella visione, poi restituita nell’istante dello scatto e attraverso il segno fotografico.
È evidente
quanto questo processo sia simile a quello della scrittura, ma soprattutto a
quello poetico: Baudelaire ha chiarito quanto l’immagine possa essere uno dei luoghi
privilegiati dell’ispirazione poetica. La stessa sensibilità leopardiana si nutre incessantemente della visione.
“Vedere” è per Leopardi, come per Baudelaire,
la matrice da cui trarre, oltre che un piacere proprio e nobilitante, il raccolto iconografico necessario per
l’uomo e per il poeta (più volte lo sottolinea con forza nello Zibaldone).
L’occhio
del fotografo, come quello del poeta, quando è un vero fotografo, un vero
artista (e Claudio Barontini lo è) ha la capacità di saper leggere dentro la
luce, dentro i colori, la forma, la prospettiva di un’azione, o nel movimento, così come
nel tempo, per tradurre poi ogni entità in un mondo di parole o di immagini.
Quei loro occhi “sempre aperti” sono capaci di familiarizzare con ogni forma
sensibile, con il buio e
con la luce, che sia una luce esterna o proveniente da
un’interiorità o un’entità metafisica.
E questi “occhi sempre aperti” sono fortemente presenti nelle fotografie
di Claudio Barontini, quando ritrae i volti di personaggi celebri, con
l’intento di rubare uno sguardo,
un gesto, un’espressione che
possa parlare di loro come esseri,
come persone, fuori dal palcoscenico, dalla dimensione spettacolare, e sono presenti anche quando ritrae la città
di New York come fosse una persona fisica. Quindi il suo è uno sguardo che cerca di cogliere la vera
essenza di questa “celebrità urbana”, di coglierne il lato più nascosto, le solitudini, le dinamicità festose, le luminosità, ma anche l’inatteso, lo scarto, le autenticità.
Sono queste le prime impressioni che ricevi guardando le fotografie
di questo libro straordinario, ma le
sue immagini sono una fonte ricchissima di suggestioni che vale la pena
percorrere.
Maristella
Diotaiuti