mercoledì 2 luglio 2025

Pensiero, arte e semiosfera: un intreccio complesso ma naturale, di Enzo Nini.










Pensiero, arte e semiosfera: un intreccio complesso ma naturale

di Enzo Nini


Provare a tradurre artisticamente il flusso continuo di pensieri, percezioni e osservazioni non è un compito semplice. Eppure, questa sfida appartiene profondamente alla nostra mente “semiosferica”: una mente capace di muoversi tra sensazioni, concetti e linguaggi diversi, intrecciandoli in un’esperienza complessa e polidimensionale.

Quando la realtà si fa così articolata, diventa difficile esprimerla solo attraverso le parole, cioè con un solo codice comunicativo. Per questo motivo, l’arte — e la ricerca artistica contemporanea — cerca sempre più spesso di adottare approcci multidisciplinari, capaci di abbracciare stimoli e linguaggi diversi. Ma non sempre questo accade con successo. Anzi, c’è il rischio che tanti input percettivi o riflessioni fenomenologiche si disperdano in congetture “neutre”: analisi interessanti, sì, ma prive di vera forza creativa, senza slancio verso una sintesi espressiva che possa davvero trasformarsi in opera, oggetto o performance artistica.

Un esempio emblematico di questo rischio si trova nell’uso superficiale della musica: quante volte, per accompagnare una poesia o le immagini di un viaggio, scegliamo una dolce sonata al pianoforte? E quante volte il risultato ha il sapore di uno spot pubblicitario? La musica, così scelta, sembra solo voler “abbellire” emotivamente ciò che accompagna, invece di creare un dialogo profondo con le parole o le immagini.

Ma l’arte non si limita a trovare il “sottofondo giusto”. L’incontro tra linguaggi — visivo, poetico, musicale — è un processo molto più articolato, ricco e stimolante. Ed è proprio in questa complessità che emerge, ancora una volta, la natura semiosferica del pensiero artistico.

In realtà, questo tipo di approccio è molto più diffuso, anche nel campo della conoscenza, di quanto si possa pensare. Viviamo in un’epoca iper-specializzata, in cui ogni disciplina si suddivide in sottocategorie sempre più tecniche: il medico otorino che cura solo il lobo dell’orecchio, l’urologo specializzato nella riabilitazione, e così via. 

In un mondo del genere, sorprende — quasi fa scalpore — ascoltare in un’intervista a Stefano Bollani che Leonardo da Vinci, oltre a essere pittore, scienziato e inventore, di mestiere faceva il musicista.

Eppure, chi ha studiato al liceo le arti liberali sa bene che la musica era parte integrante del sapere. Nell’epoca medievale, i saperi si distribuivano tra grammatica, retorica, dialettica, aritmetica, geometria, astronomia e, appunto, musica. La figura dell’intellettuale era, di fatto, multidisciplinare. Aveva cioè una mente semiosferica, capace di cogliere connessioni tra ambiti diversi del sapere.

Forse è proprio a questa visione che dovremmo tornare a guardare con attenzione a un modo di pensare e di creare che non separi ma intrecci. Che non semplifichi, ma sintetizzi. E che trovi, nella complessità, non un ostacolo, ma una straordinaria occasione di espressione. 

E così invece dei mille trucchi con cui cerchiamo di allungare la vita potremmo impegnarci a allargarla e provare ad essere più che fare.

In tal senso l’arte va percepita, non “capita”.