Dagli Atti del Primo Convegno di studio Beatrice Hastings in context, alla ricerca del segno (Le Cicale Operose, Livorno, 17 aprile 2021), coordinato da Floriana Coppola.
Una donna di contrasti
di Nadia Chiaverini (Sezione Echi mitologici, gruppo di lavoro coordinato da Gigi Spina)
Beatrice Hastings può essere definita una donna di contrasti innanzitutto perché come donna e femminista persegue con la scrittura un’esigenza di razionalità, derivante dalla necessità di raccontare la condizione della donna del tempo, manifestando il proprio impegno sociale e politico con voce alta e decisa, con una precisa testimonianza e denunzia contro le guerre, le violenze e le ingiustizie. Una “moderna Cassandra”, come viene definita da Maristella Diotaiuti nell’introduzione del volume Beatrice Hastings in full revolt. D’altro canto, però crea su di sé un personaggio di femmina fatale, di donna stravagante e libera negli atteggiamenti, svincolata dalle regole della società borghese e della morale corrente; è in sostanza una donna disobbediente che vive in modo considerato scandaloso, non disdegnando droghe ed altri eccessi, tipici degli artisti bohémien.
La vita di Beatrice Hastings riflette i contrasti tipici dell’epoca, sia in campo culturale e letterario, che sociale. La fine dell’800 e l’inizio del ‘900 vedono coesistere due movimenti e correnti filosofiche: il decadentismo, che nasce come movimento artistico-letterario antiborghese e che fa leva sull’irrazionalità, rifiuta e critica la scienza come unica forma di conoscenza, adottando anche atteggiamenti provocatori ed estetizzanti (la natura è un tempio, una foresta di simboli, scrive Baudelaire nella poesia Corrispondenze, inserita nella raccolta I fiori del male), mentre il positivismo ha fiducia nel progresso e crede che la realtà sia regolata da meccanismi deterministici di causa-effetto. Si assiste alla nascita di nuove scienze quali la psicologia, la sociologia, la chimica, la fisiognomica. L’evoluzionismo di Darwin contesta il creazionismo della Chiesa.
Nascono la fotografia, la stampa, il cinema ed inizia a formarsi una cultura di massa. L’industrializzazione poi comporta lo sviluppo della classe del proletariato e l’inizio dei fenomeni dell’inquinamento e della distruzione dell’ambiente naturale.
Inoltre, nel primo Novecento, con La nascita della tragedia di Nietzsche, si evidenziano i due principi opposti: l’ispirazione dionisiaca dell’ebbrezza e dell’irrazionalità primigenia, in contrapposizione all’apollineo, incarnazione dell’armonia e dell’ordine. Dioniso e Apollo, figli di Zeus, dei della cultura greca, da cui è derivata l’organizzazione patriarcale della società occidentale.
Infatti, nella mitica storia dell’Universo, pervenuta da Esiodo nella Teogonia degli dei olimpici, all’origine era il Caos, a cui si contrappone il Cosmo, espressione del bisogno fondamentale di ordine. Esiodo e tutta la cultura occidentale ci hanno tramandato la vittoria di Zeus come un’esigenza di stabilità rispetto ai padri predecessori, Urano e Crono: Zeus libera i fratelli e le sorelle e viene eletto da loro re dell’Olimpo, istituendo così un universo organizzato di stampo patriarcale.
Dioniso, dio della natura, della fertilità e del vino, è legato alle antiche credenze preindoeuropee della Grande Madre; maschio ma circondato da donne potenti e ferali, le Baccanti, che compiono riti estatici, con maschere, riti che un tempo venivano usati per evocare la dea Madre. Secondo alcune versioni del mito sembra sia figlio di Demetra, antica divinità legata alla terra e alla fertilità.
Alle Baccanti, titolo dell’omonima tragedia di Euripide, si contrappongono le Ninfe, giovinette rappresentate con vesti leggere, spesso in gruppo, danzanti. Sono personaggi positivi, rappresentano il pudore, la riservatezza e lo stupore di fronte a ciò che è immacolato e silenzioso. Sono divinità minori, che vivono nei boschi, nei laghi e nei monti, spesso circondate da animali, espressione di un mondo arcaico a contatto con la natura. Seguaci di Diana cacciatrice, dea romana che risale alla greca Artemide, dea della caccia, della verginità, del tiro con l’arco, rappresenta la Luna e condensa nella sua figura altre divinità femminili arcaiche, quali la dea frigia Cibele, Gea la Madre Terra, e Selene, divinità lunare.
Analizzando gli scritti di Hastings che hanno per argomento il mito compaiono, oltre agli dei, ninfe, Baccanti, streghe ed altre figure ibride, simbolo di metamorfosi e trasformazioni.
Nel racconto La ninfa e il cervo, pubblicato sulla rivista The New Age nel 1909, sono rappresentati molti degli elementi che poi vengono ripresi in altre poesie e scritti sul mito. Si fa riferimento ad una ninfa cacciatrice, che cattura un bellissimo cervo bianco e lo conduce prigioniero nel suo tempio. La bestia si strugge d’infelicità e quando la ninfa la libera, si dirige verso il bosco da cui si affaccia una cerva bianca. In realtà quest’ultima è una strega dal corpo di donna e testa di cervo. La ninfa, resasi conto che il cervo è vittima di una stregoneria, si accinge all’inseguimento ma, giunta sulla sponda del fiume, sente dei lamenti: scopre così una fanciulla che tra i singhiozzi le racconta che il suo amato è stato trasformato in animale da un maleficio. La ninfa infine, uccidendo la strega, permette al cervo di riprendere le proprie sembianze umane e, con un atto di generosa sorellanza, di ricongiungersi con l’innamorata.
È presente una figura ibrida, creatura metà umana e metà animale (come i centauri, le sirene, i satiri...), una strega con testa di cervo e corpo di donna. Queste figure fantastiche rappresentano lo scarto rispetto alla norma, la rottura di un paradigma noto e condiviso di normalità: rappresentano l’alterità nei confronti del consueto, creando categorie nuove, in continuo mutamento: esseri al confine tra umano e animale, maschile femminile, mortale e immortale. Spesso si accompagnano a processi di metamorfosi, che genera meraviglia (il greco thauma), sbigottimento, e svelamento.
Nella poesia Metamorfosi si assiste ad una vera e propria inversione di ruoli. Protagonista è una baccante, Cloe, che viene imprigionata in un corpo bovino da Apollo, e chiede alle compagne di squarciare il suo corpo per restituirle la sua vera forma. Qui è sottinteso l’irriducibile contrasto tra la vitalità dell’antico Caos di origine matriarcale, rappresentato dalla Baccante, e l’apollineo ordine borghese patriarcale, identificato nella maschera bovina. è la metafora di una sovversione nei confronti di un ordine prestabilito e la ricerca di un percorso di liberazione. Apollo imprigiona la Baccante in un corpo di regole borghesi, da cui ella chiede di essere liberata, seppur facendosi squartare.
Anche nella poesia La Baccante perduta, seguace del “folle dio”, Beatrice procede ad una sorta di travisamento sostituendosi nel cuore dell’amato, «che non saprà di stringere non una mortale, ma una Baccante perduta».
Possiamo scorgere una sorta di parallelo con le metamorfosi tanto spesso rappresentate nella mitologia greca (Ovidio, anno 8 d.C., ne racconta in oltre duecento miti) anche nei nomi di penna, che impersonificano le diverse tipologie di scrittura di Hastings nei diari, saggi, racconti, come giornalista e come poetessa. Questi rappresentano una sorta di trasformazione, cioè un mutamento di forma, pur mantenendo inalterata l’identità. Come afferma Maristella Diotaiuti, Beatrice inizia la costruzione di sé come personaggio proprio dalla nominazione, da cui è derivata anche la difficoltà di riconoscere molti dei suoi scritti. Questo bisogno di mascheramento è un vero gesto politico di affermazione di sé nei suoi molteplici aspetti, attraverso un percorso non sempre lineare, ma tortuoso e ambivalente: esserci e nascondersi, in un gioco di rimandi, di luci ed ombre, e con una sostanziale impossibilità di ricomporre i molteplici aspetti, che la condurrà al suo tragico destino.
D’altra parte, la necessità di denuncia e di impegno comportava anche un’esigenza di razionalità, di ordine logico e di scrittura. Beatrice era ben consapevole come l’avvento del cristianesimo avesse consolidato la sottomissione della donna all’uomo e la rappresentazione come streghe di figure femminili non rientranti nei ruoli canonici di madre e moglie loro assegnati. Inoltre, con la rivoluzione industriale, viene mutato il precedente assetto delle relazioni umane, le donne, come gli uomini, iniziano a lavorare nelle fabbriche, e la supposta pericolosità insita nel femminino viene celebrata nelle arti con una commistione inscindibile di ammirazione e timore, delineando la figura della femme fatale, eroina e spauracchio della fin de siècle.
La stessa Beatrice Hastings cita in Madame Six, diario scritto durante il ricovero in ospedale nel 1920, la trasformazione “da Baccante a Marta”, una delle due sorelle di Lazzaro di Betania, figura biblica, protettrice di casalinghe e modello di operosità femminile.
Anche ne I sepolcri imbiancati, romanzo breve di Beatrice Hastings pubblicato nel libro Beatrice Hastings, in full revolt, di Maristella Diotaiuti e Federico Tortora, Hastings delinea sapientemente la trasformazione della signorina Nan Pearson nella signora Heck, alla fine identificandosi pienamente con le varie figure di donne borghesi che le gravitano intorno. Una metamorfosi della giovane da angelo a strega, che «giaceva sveglia e in vigile attesa, e sicuramente questa moglie cristianamente unita in matrimonio si sarebbe sentita vicina a Clitemnestra, se le sue ricerche letterarie l’avessero mai portata a conoscere il fato della malmaritata pagana».
Concludendo, la complessità della realtà che si esprime nel concetto di doppio, o di “ombra” come indica Jung, viene ribadita sia a livello storico, filosofico e psicanalitico, per identificare le parti nascoste della personalità, e proprio nell’ambito della polemica antipositivista e nell’esigenza costante di ricerca che va oltre i rigidi confini della razionalità possiamo inquadrare l’interesse di Hastings per il paranormale e la parapsicologia, e la sua adesione alla società Teosofica di Helena Blavatsky. L’iniziazione alla penetrazione del mistero della vita e della morte può probabilmente ricondursi all’archetipo della estrema ribellione finale. Infatti, l’essere vissuta a cavallo tra due secoli, in epoca di profonde trasformazioni, ed essere stata sempre una voce dissonante e consapevole, ha caratterizzato la vita di Beatrice portandola ad un destino tragico, con la morte per suicidio, dopo lunga malattia. Ma il suo anticonformismo ed il suo incondizionato e generoso amore per la libertà senza confini sono oggetto dell’attuale riscoperta attraverso le traduzioni dei suoi scritti, in full revolt.