Corpo, divenire, immanenza: Spinoza e Deleuze, di Lucio Macchia
Dedicato a Federico Tortora (avendomi sottoposto un quesito al quale qui rispondo).
Ne
l’ordine ch’io dico sono accline
tutte
nature, per diverse sorti,
più
al principio loro e men vicine;
onde
si muovono a diversi porti
per
lo gran mar de l’essere, e ciascuna
con
istinto a lei dato che la porti
(Dante,
Par. I)
Un
rapidissimo e semplificato excursus in un argomento immensamente esteso e
complesso.
Affermare,
come fa Spinoza, che tutto è res divina, che vi è una unica sostanza, e che la
res extensa cartesiana (ovvero la materia, i corpi, le cose…) non è che un
attributo della sostanza divina, significa portare il corpo nella piena dimensione
ontologica, come luogo dell’esperienza autentica del vivere. Si apre un fronte
infinito di riflessione sul corpo in rapporto all’essere che sarà centrale in
tanta filosofia del ‘900.
Attraversiamo,
allora, rapidamente, il pensiero di Spinoza sul corpo. S. parte dai corpi
elementari che non si distinguono per la sostanza (tutto è res divina che si
estrinseca come attributo dell'estensione): «I corpi si distinguono l’un
dall’altro per quanto concerne il moto e la quiete, la celerità e la lentezza,
e non per quanto concerne la sostanza»[i].
I corpi elementari si aggregano in individui che possono mantenere la loro
natura anche al variare dei corpi elementari costituenti purché, al distaccarsi
di qualcuno, vengano rimpiazzati da altri, e purché i rapporti di lentezza e velocità
rimangano quelli originali. S. reitera il ragionamento fino a includere il
tutto. «E volendo procedere così in infinito ci renderemo facilmente conto che
tutta la Natura è un solo Individuo, le cui parti – cioè
tutti i singoli "corpi" – variano in infinite maniere, senza alcun
cambiamento dell’Individuo complessivo»[ii].
È un’idea
straordinaria, questo gran mar de l’essere, all’interno del quale il
divenire si articola, il grande teatro del divenire immanente che Deleuze porta
dentro la sua filosofia. In un famoso passaggio di Mille piani si parla di “longitudine” e
“latitudine” di un corpo. Longitudine: «l'insieme degli elementi materiali che
gli appartengono sotto certi rapporti di movimento e di riposo, di velocità e
di lentezza»[iii]. Una
grandezza estensiva ma diveniente, concatenata e concatenante. Latitudine: «l'insieme
degli affetti intensivi di cui è capace, secondo un certo potere o grado di
potenza»[iv].
Una grandezza intensiva, potenziale.
Se il
concetto di longitudine richiama a quanto detto prima sulla composizione dei
corpi in Spinoza, la latitudine è legata al «Cosa può un corpo? ». Questa
domanda è il titolo del libro che Deleuze ha dedicato a Spinoza e si basa su un
altro passaggio straordinario dell’Etica: «…stento a credere che, se non
comproverò le mie affermazioni con dati dell’esperienza, la gente possa indursi
ad esaminare questo argomento con cura e con animo sereno: persuasa, com’è, che
il Corpo si muova o si fermi solo che la Mente glielo ordini, e compia una quantità
d’azioni che dipendono soltanto dalla volontà della Mente e dalla sua capacità
di ragionare. E in effetti nessuno finora ha determinato di che cosa il Corpo
sia capace per sé: cioè, finora l’esperienza non ha insegnato a nessun umano
che cosa permettano al Corpo di fare e di non‐fare le sole leggi della natura
considerata unicamente nell’ambito corporeo, senza gli interventi direttivi
della Mente. Nessuno finora, infatti, conosce la macchina del Corpo così a
fondo da potere spiegarne tutte le funzioni ‐ per non parlare ora delle molte
attitudini che si osserva negli animali... »[v].
Un passaggio meraviglioso in cui Spinoza spezza implicitamente la presa del
logos sui corpi, li libera dalla “codificazione”, dall’asservimento al cogito,
e ci fa intravedere, in trasparenza, un orizzonte nuovo, in cui il corpo partecipa
al tutto, all’essere in quanto divenire senza fine dell’unica sostanza. Deleuze
sviluppa il suo pensiero dell’immanenza partendo da queste intuizioni
spinoziane. Sono movimenti del pensiero filosofico che ci interessano molto
perché contigui ai territori del poetico, persino intrecciati con esso. Si
tratta del corpo vivente. Della vita. Dell’essere.
Immagine: Mirò
[i] Spinoza, Etica (ho consultato l’edizione presente on line nel sito filosofico.net), Parte I, Preliminari A
[ii] Ibid. Parte II, Preliminari B, n.7
[iii] G. Deleuze, F. Guattari, Mille piani, prima ed. or. 1980 (traduzione italiana edita Orthotes 2017, versione kindle), p.296
[iv] Ivi
[v] Spinoza, Etica, Parte III, Scolio (Chiarimento) della prep. 2