Scrittura poetica come “evento di corpo”, di Lucio Macchia
L’espressione “evento di corpo” deriva dalla psicanalisi lacaniana. Il significato sotteso è complesso e sfugge ad una definizione. È una sorta di “impossibile” con il quale Lacan indica, nell’ultimo periodo del suo insegnamento, la natura basilare, pulsionale, della psiche umana. Ci suggerisce, ancora una volta, che la vita è collocata oltre la parola, nel corporeo. Anzi, la cosa è ancora più complessa di così: l’uomo non ha che la parola ma la parola autentica in qualche modo è “incarnata”: non ha, come essere, che ciò che dipende dalla parola, ma che non può porsi come tale che a partire dal corpo, dal suo "ha un corpo" (Miller, L’Uno-tutto-solo). Evento di corpo. Questa espressione unisce due fondamentali della riflessione sull’ontologia del poetico. L’idea di “evento”, innanzi tutto in senso heideggeriano (Ereignis) come e-venire dell’essere, come incontro con un altrove, attraversa certa filosofia contemporanea come un taglio di Fontana, un superamento, un oltreumano del pensiero che tende a coincidere con il gesto lirico in quanto proteso a un disvelamento che attraversi la parola stessa. E poi il corpo, come contatto autentico con il reale del mondo, ci ricollega immediatamente al pensiero di Merleau-Ponty che rimette, al centro della scena filosofica, il discorso del sensibile, espulso tramite i processi di concettualizzazione, irretito e asservito all’idea. Viene ricollocato al centro dell’esperienza umana e artistica in virtù dell’evidenza incontestata che in qualche modo si deve vedere o sentire per pensare, che ogni pensiero a noi noto avviene a una carne (Merleau-Ponty, Il visibile e l’invisibile). Non c’è vissuto, arte, poesia che non abbia bisogno di questo tramite corporeo, di questo alveo che accoglie il mondo, di questa tattilità estesa all’intera sensibilità. Toccare le cose, il mondo, la vita. Ecco perché, per fare un esempio concreto, scrivere di ciò che non ci appartiene, che non ha marchiato il nostro corpo, è solitamente un’operazione di inautenticità che assume scarso rilievo. Le guerre lontane, i fatti di cronaca, i massimi sistemi in cui non siamo davvero immersi, istanze che non implicano la nostra corporeità, ma nei quali il coinvolgimento è distaccato, mentale. Si dice, nel senso comune, che qualcosa “ci tocca” o “non ci tocca”: questo modo di dire nasconde proprio l’idea dell’evento di corpo. La parola priva di implicazione corporea ricade nell’ambito intellettualistico se non addirittura nella chiacchiera. La chiave è essere minimali, presenti, in contatto con il reale, nel modo che ci è dato – fragilmente, precariamente – solo nella dimensione vivente del corpo.
Lucio Macchia
(Immagine: L.
Fontana)