Durante la
presentazione: Mostra di arte figurativa di Isora Caprai, Armonica.
Due libri apparentemente slegati, ma in realtà intimamente e fortemente connessi. Innanzitutto mi sento di dire che con questi due libri Antonella ci consegna due gioielli di preziosa fattura, di alto valore letterario e umano. Ci fa dono della sua ricchezza culturale, della sua vasta conoscenza dei fatti letterari, ma anche della sua sensibilità, del suo sguardo, della sua esperienza personale, e del suo amore incondizionato per la letteratura, la scrittura, la sua cura che mette nelle cose che fa. Una cura quasi materna per la letteratura (ne La caffettiera di carta) e per la natura, i luoghi naturali, i luoghi della memoria, i luoghi identitari (in Solo di uomini il bosco può morire). Entrambi i libri sono libri originali, fuori canone, con entrambi Antonella vuole costruire, per noi individui contemporanei persi in una cattiva e deformata percezione del mondo naturale e del mondo culturale, una nuova heimat (letteralmente città- casa), cioè rielaborare un nuovo rapporto dell’uomo con lo spazio, dove per spazio intendo anche quello culturale, della letteratura, della scrittura, e anche quello interiore, personale.
È chiaro che singolarmente presi, i due libri hanno le loro peculiarità, caratteristiche loro proprie.
La caffettiera di carta. Inventare,
trasfigurare, narrare: un manuale di lettura e scrittura creativa.
Il sottotitolo evidenzia che è un manuale di scrittura. Ma se tale è, è un manuale davvero insolito perché Antonella ci porta in luoghi e spazi inaspettati, insospettabili. Non contiene regole, né esempi stereotipati, né tabelle né metodi veloci e promettenti per diventare subito scrittori famosi, di successo. È indicativa la preminenza data alla lettura, parola che viene prima di ‘scrittura’. Ci dicono molto le ben 44 pagine di bibliografia che concludono il libro, bibliografia che Antonella chiama ‘irragionevole e sentimentale’ sintagma in cui c’è il vero metodo di insegnamento di Antonella, il suo segreto, la sua efficacia, quello che la diversifica anche dalle altre scuole di scrittura.
Appena si comincia a leggere, si scopre che il libro parte da un sogno e continua con il racconto autobiografico di una giovanissima Antonella che scopre la lettura e poi la scrittura, realizzando forse in questi due libri, più che altrove, una ‘scrittura di esperienza’. Infatti questo libro nasce dalla sua esperienza di autrice, ma soprattutto da trent’anni di esperienza e di attività di insegnante della scuola-laboratorio di scrittura Lalineascritta, voluta, fondata da Antonella nel lontano 1993. Non è un caso quindi che la stessa Antonella chiami questo libro “libro-vita”, io direi anche “romanzo-vita”: si legge come un romanzo, è scritto come un romanzo, cosa che ci testimonia la maestria, la perizia, la bellezza di scrittura di Antonella. Ed è un manuale, un saggio, un romanzo, un libro di avventura, perché Antonella racconta l’avventura meravigliosa ed entusiasmante della scrittura e della lettura. Lo fa soprattutto scardinando molte convenzioni sulla scrittura, retaggi di insegnamenti carenti. Antonella esorta gli aspiranti scrittori e scrittrici a essere umili, e a faticare (come si dice a Napoli, che è diverso da lavorare, ha un’altra accezione) e, soprattutto, a guardarsi dentro, a raccontarsi prima di raccontare. Perché, come lei stessa scrive, la scrittura ha a che fare con tutto quello che di ingovernabile e inaccettabile è in noi, e l’unica cosa che dobbiamo imparare a governare è la tecnica con cui la parola si esalta. Il libro è uno scandaglio della scrittura, ma è anche, e prima di tutto, uno scandaglio di noi stessi, perché è una guida preziosa per un percorso di consapevolezza di sé e del mondo.
[…]
Solo di
uomini il bosco può morire.
Il libro si muove tra
– invenzione letteraria
– ricostruzione storica
– favola allegorica
– reportage-denuncia
Il titolo è tratto da un verso di Danilo Dolci, da una sua raccolta, “poema umano”. Titolo che, purtroppo ci dice anche, e immediatamente, che Antonella sta parlando di un luogo a rischio, a rischio di fine per mano dell’uomo che purtroppo è tristemente noto per essere capace di arrecare morte. Il luogo in questione è il bosco di Cuma (la foresta regionale di Cuma è un parco a 30 km. da Napoli), la foresta antichissima di Cuma, che sorge nell’area dei Campi Flegrei, nei comuni di Pozzuoli e Bacoli. Si parla una foresta precisa, ma che certamente assurge a simbolo di tutti quei luoghi splendidi e fragilissimi, esposti agli attacchi dell’uomo, e che comunque resistono, continuano la loro esistenza nonostante l’uomo. Infatti mi ha molto colpito questo doppio tempo, doppia direzione che Antonella sottolinea: il tempo del bosco, della natura, che è un tempo comunque vitale, che apre e chiude i suoi cicli, con l’alternarsi di fine e di inizio, si rigenera continuamente e nonostante tutto. Invece, il tempo dell’uomo distruttivo, che interrompe il normale processo biologico, provoca morte e non sa rigenerare, porta devastazione e incuria.
Il nome originario di questo bosco è Selva Gallinara, per la presenza della gallinella d'acqua, un uccello acquatico dal piumaggio nero che qui abitava e costruiva i suoi nidi perché vi trovava il suo habitat ideale per l'umidità presente nella foresta. Il bosco ha come simbolo l’elefante per la presenza di una collinetta dalla forma di testa di elefante, appunto, con due cavità sul fianco che sembrano proprio due occhi a vegliare sulla foresta. Un luogo incantato e misterioso, nel quale si fondono storia, mito, cultura, natura. Sono intrecci che Antonella trasporta magistralmente nella sua scrittura continua, nella sua scrittura fantasmagorica, polimorfa, che spazia dal dato naturalistico, dalla descrizione puntuale, esatta, della flora e della fauna, al racconto dei fatti storici, dei personaggi che hanno fatto la storia in questi luoghi, alle pagine di letteratura, classica e moderna: Edipo. Stevenson Anna Banti, Saramago, Elsa Morante, per dirne solo alcuni, ma anche il cinema, la pittura, come ad esempio il riferimento al quadro di Bruegel ‘la parabola dei ciechi’.
Antonella descrive anche il contesto
ambientale unico nel suo genere: qui resiste un sistema dunale straordinario, con il suo giglio, la macchia
mediterranea con il corbezzolo a
simbolo di resistenza, un po’ come
la ginestra leopardiana. Antonella ci porta anche indietro nel tempo: qui
sbarcarono e si insediarono gli Eubei che
fondarono prima Cuma e poi Partenope, poi vi giunse Enea, per ascoltare i
vaticini della Sibilla, come ci
racconta Virgilio. Qui, tra la foresta e il mare, si combatterono battaglie
che cambiarono il corso della storia, come quella del 474 a.c. che sancì
la fine degli Etruschi e dei Persiani. Ma quel bosco ci racconta anche dei Goti e del ducato bizantino, dei Normanni
e poi delle difese che installarono
inutilmente i fascisti e i nazisti
pensando, prevedendo lì ci
sarebbe stato lo sbarco degli americani (che invece ci fu ad Anzio),
fino ai nuovi moderni abitanti del bosco, dai femminielli alle famiglie dei
pic-nic che lasciano tracce di sé con sacchetti di plastica e tovaglioli di
carta. Un passato che Antonella mette
in frizione con un presente di degrado e di incuria, fatto di veleni, di plastiche pervasive, di
rifiuti di ogni genere, ‘i frammenti minimi dei nostri attrezzi quotidiani’.
[…]
Antonella scrive: Rimettere al
centro il proprio corpo, le emozioni che lo attraversano, le percezioni che
registra e seleziona, le memorie che sono nascoste nella pelle, nei nostri
organi interni, nei nostri arti è indispensabile per scrivere storie. È interessante questo partire dal corpo per
innescare tutta la narrazione, e quindi creando una intima connessione tra il corpo umano e il corpo-natura,
il corpo del bosco, la foresta come organismo vivente. Antonella
denuncia l’espropriazione della naturalità del corpo, sia esso umano o
della natura, sottoposto a un processo
continuo e progressivo di avvelenamento e distruzione, cominciato negli
anni ‘50 con il boom economico, e di cui oggi vediamo gli effetti estremi,
speriamo non ultimi, speriamo di non essere all’ultimo stadio di questo
processo scellerato. Questo riferimento
al corpo è un ulteriore collante
dei due libri di stasera: ne La caffettiera di carta Antonella invita
i suoi studenti a recuperare la dimensione emozionale della scrittura,
anche sensoriale, e quindi l’uso della carta, della penna o il lapis.
[…]
Questa
sera, il tema della relazione uomo-natura affrontato nel libro di Antonella è
espresso mediante il linguaggio dell’arte figurativa con la mostra di pittura Armonica, di Isora Caprai.
M. D.