Enzo Nini: Un dato FONDAMENTALE del jazz, per il quale si
distingue dalle altre forme musicali, è il concetto di INTERPLAY: cioè la capacità di suonare e ascoltarsi reciprocamente
durante l’esecuzione.
L’improvvisazione rappresenta un elemento
primigenio di tutti i generi musicali ed anche nell’ambito della musica
classica, dove la musica intesa musica colta in quanto scritta in realtà era
stata composta da musicisti che erano grandi improvvisatori: Bach, Paganini (che, appunto, non … ripeteva), Mozart erano “improvvisatori”: arrivano alla
trascrizione delle loro opere per “fissare” l’opera permettendo l’altrui
esecuzione. Quindi non è elemento esclusivo del jazz l’improvvisazione, ma è appunto Il cosiddetto
Interplay. Nel linguaggio parlato non è possibile praticarlo: o ascoltiamo o
parliamo dialogando con altri.
Nel jazz dopo l’esecuzione del tema
tradizionalmente comincia “l’avventura”:
si esegue il tema, comunemente, e poi si seguirà quanto gli stessi esecutori
non sanno cosa sarà se non nel momento dell’esecuzione stessa; a conclusione,
la ripetizione del tema è come se fosse un ritrovarsi sul terreno convenuto.
È probabile ragione di questa esigenza di comunicazione
tra linguaggi diversi quella che è immaginabile sia nata tra gli emigranti e le
popolazioni di colore provenienti dall’Africa, che non potendo dialogare nel
linguaggio parlato, perché profondamente
diverso, trovarono attraverso la musica i ritmi e quanto di emotivamente dentro
di loro significativo della loro cultura; potevano così realizzare una
possibilità comunicativa interagente.
Una esigenza culturale come bisogno di
prossimità, di appartenenza di chiedere
all’altro chi fosse e di ricerca della propria nuova identità.
L’Interplay rappresenta quindi una possibilità di
abbracciarsi, confrontarsi, dialogare e poter trovare un territorio emotivo,
attraverso lo swing, su cui poter creare nuove espressioni estemporanee.
Se all’organico musicale aggiungiamo una o più
voci recitanti e un “operatore creativo” le possibilità performative agiscono
in un interplay a tre dimensioni come altrettanti jazzmen: ognuno attraverso il
suo linguaggio generando quella che diventa:
SEMIOSFERA
IN INTERPLAY
Esso è quindi un “work” in continuo “progress”
che dalla SEMIOSFERA come intesa da Juri Lotman e dalla COMPLESSITÀ,
concetto felicemente espresso da Edgar
Morin, prende idee e metodo di relazione tra i linguaggi sonori e visuali.
È un percorso polilinguistico e sinestetico che diventa performativo attraverso l’estemporaneità jazzistica dove nulla è dato al caso e tutto è estemporaneo.
Enzo Nini: note
biografiche
Già docente di Sassofono Jazz presso il
conservatorio "L. Perosi" di Campobasso “U.Giordano” di Foggia, si è
occupato di didattica musicale per
l’infanzia presso la Sequoia/Scuola Bilingue/American Studies Centre di Napoli.
È Formatore musicale per l’ Associazione
Montessori di Napoli.
Ha suonato e registrato con numerosi artisti del
panorama jazzistico. Ha diretto la “Moody Orchestra” (2010 Foggia con Ellade
Bandini, Paolo Pallante e Valerio Zelli). Ha scritto musica per teatro come
“L’incanto muore senza lutti” (2003 Festival dei Popoli Mediterranei con
Roberto De Simone e Edoardo Sanguineti), “Cholera” (2003 di Roberto De Simone)
“Lucì-Voci
e volti dal faro” (2008 Premio del presidente Opera IMAIE). Si interessa sinesteticamente
del rapporto tra la musica e altri linguaggi artistici. Ha pubblicato a suo
nome i CD Quartieri Spagnoli (1990), Doppio Sogno Doppio (1997), Contrappunti in
Utopia (2002), Paths of Thought (2008), 8 Jazz Club (2010) e, indegnamente, il
libro di poesie Volendo Siamo Tutti Poeti (2008).
www.enzonini.it
www.myspace.com/enzonini