lunedì 27 gennaio 2025

Lo strappo, di Lucio Macchia.

 











Opera Lo strappo, di Alberto Burri


Lo strappo, di Lucio Macchia.

L'Eden perduto è il mito fondativo dell'occidente. Ma l'Eden non è un altro mondo, ma è questo mondo come mondo della vita, Lebenswelt” (come lo ha chiamato Husserl): perduto perché dimenticato. Perché si è smarrito lo sguardo su di esso. Il dio che ci ha scacciato da quell'Eden è un dio "umano troppo umano": è il logos. Alla radice del pensiero occidentale c'è la scelta di sostituire alle cose le loro "rappresentazioni". Dall'idea platonica tutto ha proceduto in tal senso, speditamente, fino a Cartesio, Kant, Hegel. La ragione ha preso possesso del mondo, con l'indubbio dominio tecno-scientifico che ne è conseguito. In questo processo l'Eden è stato perduto: il logos ha impresso un taglio nel rapporto tra uomo e mondo, lo ha disincantato, concettualizzato, fino a dominare e irretire la vita stessa in quanto spontaneità, in quanto inassimilabile dal pensiero. Schopenhauer per primo si è fatto carico – in ambito filosofico – di questa tremenda scissione: Schopenhauer installa come categoria centrale del soggetto il voler vivere [...] constata la scissione tra rappresentazione e reale senza rappresentazione. È un reale apparentato con il voler vivere dato che, per lui, la volontà corrisponde a quello che Kant chiamava la “cosa in sé” (Miller, L’uno-tutto-solo). Il mondo si presenta insanabilmente diviso tra rappresentazione e volontà, con quest'ultima che sfugge a ogni rappresentazione, inaugurando una modalità di pensiero filosofico completamente diversa che tenta, attraverso movimenti "impossibili", di pensare l'impensabile, di oltrepassare lo schermo concettuale, guardando all’orizzonte del reale che elude la presa del pensiero. Che è, eminentemente, l'operazione tentata – per altra via – dal poeta che, come dice splendidamente Zambrano in Filosofia e Poesia, reagisce allo strappo della rappresentazione, insiste sul pulsare primigenio della forza vitale: Alcuni di quelli che hanno sentito la loro vita sospesa, la loro vita irretita dalla foglia o dall’acqua, non hanno potuto passare al momento successivo in cui la violenza interiore fa chiudere gli occhi cercando altre foglie o altra acqua più vere. Il poeta, detto in termini immediati, si rivolta all’installazione di dispositivi che disciplinano la vita entro le strutture concettuali, in un gesto di ritorno all’incanto. A ciò che manca. A ciò che è perduto.