Sulla militanza politica di Beatrice Hastings.
Beatrice Hastings, donna fabianista e poi militante comunista, editrice,
giornalista, scrittrice, femminista libertaria, ha teorizzato un femminismo
d'avanguardia, moderno, ancora oggi attuale e dirompente.
Donna libera “dalla nascita”, ha voluto affermarsi con tutte le sue forze
in un mondo al maschile.
Il suo femminismo anarchico, prima di essere strategia normata di vita, è essenzialità di natura. Si esprime in un inesausto bisogno di libertà e di affermazione di sé. Per questo Beatrice è sempre contro, eversiva, dissenziente, dissonante, perciò avvertita come anomala, come violazione all’ordine costituito, finanche da alcune femministe contemporanee! Ed anticipa i più importanti punti nodali più avanti affrontati e teorizzati dal femminismo degli anni ’70.
Punta per tutta la vita, anche attraverso la sua scrittura originale e graffiante,
a smantellare l’architettura ideologica, economica e sociale del potere
capitalistico e patriarcale.
Per questo Beatrice Hastings è sempre al fianco di chi agisce concretamente per affermare e difendere la libertà di pensiero e di azione, i diritti primari degli individui e dei corpi sociali.
Conosce Emma Goldman a New York nel 1904-5 (Free Speech League), alla quale dedicherà, nel 1909, il suo saggio femminista "Woman's Worst Enemy: Woman". Grazie al lascito di Goldman abbiamo potuto rintracciare e raccogliere il prezioso allegato di Hastings alla rivista The New Age per la sua ripubblicazione.
Accoglie, nel suo giornale The Straight Thinker (1932), l’appello di Sylvia Pankhurst e del di lei compagno anarchico italiano Silvio Cori per salvare e liberare Velia Titta, la quale, dopo l’assassinio del marito, Giacomo Matteotti, è strettamente sorvegliata dai fascisti di Mussolini.
Nel 1932 si iscrive al Partito Comunista (Communist Party of Great Britain) e partecipa, il 4 ottobre 1936, alla Battaglia di Cable street, manifestando, insieme ai suoi compagni anarchici (tra i quali l’amico e editore Charles Lahr) e comunisti, contro la parata provocatoria dei fascisti di Mosley nel quartiere popolare di White Chapel.
[…]
Voce dissonante, quindi inascoltata e solitaria, è rimasta fedele alle sue idee
nell’intero arco della sua vita.
Muore suicida, per le atroci sofferenze dovute a un cancro in fase
terminale (referto autoptico: “organi interni devastati”), il 30 ottobre del
1943.
Federico Tortora
(nelle foto: Battaglia di Cable street; comizio di Emma Goldman a New York)