mercoledì 22 gennaio 2025

Anna Segre. Appunti di Maristella Diotaiuti.

 


Appunti (sintesi) di Maristella Diotaiuti per la presentazione del volume A corpo vivo, di Anna Segre, Marietti1820 Editore, 2023, alle Cicale Operose. Letture: Giuditta Cambieri.

È un libro di poesie, di poesie sull’amore, intorno all’amore, ma non ci ritroviamo l’amore che ci aspetteremmo, quello idealizzato, stereotipato, perché Anna ci racconta di un amore imperfetto, quotidiano, sporco, corporeo, con le sue lotte i suoi conflitti, anche rude e per certi aspetti sconveniente, che alterna luci ed ombre bellezza a meschinità, mancanze a esuberanza, eccesso. L’amore elefante , lo chiama Anna nel libro La distruzione dell’amore, sfonda le sedie, fa scricchiolare il pavimento.

 Un amore faticoso: questo è il tipo di amore che interessa ad Anna, e che indaga, quasi con metodo scientifico,mettendolo sotto una lente di ingrandimento, o se preferite sul vetrino di un microscopio e lo viviseziona, lo smembra, lo destruttura, lo smonta per analizzarlo in tutte le sue parti, quasi in maniera impietosa. Non solo verso l’oggetto della sua indagine ma anche verso i soggetti che lo vivono, ne sono i portatori (nemmeno poi tanto sani).

Una indagine che occupa tutta la raccolta , infatti questa non è divisa in sezioni, e i testi poetici sono senza titolo, sono contraddistinti solo da numeri, quindi siamo di fronte quasi a un racconto in forma poetica, a un lungo dire, un interrogarsi continuo e inesausto intorno all’amore, senza interruzioni, molte poesie, ad esempio, sono legate tra di loro da parole, o sintagmi che ritornano nei testi in una specie di mise en abime, o una trama, una rete semantica (ma anche sintattica, se vogliamo). Una sorta di flusso di pensiero ed emozione insieme, perché c’è razionalità ma anche molta istintualità.

È un flusso poetico quasi magmatico, incandescente, non solo nel tema ma anche nella scrittura, nel registro linguistico, prosodico, una scrittura quindi che si accende, si infiamma, si infuoca, una scrittura che non è mai tiepida, o pallida, o asettica, ma sempre molto arroventata, ustionante.

Oltre a un racconto c’è anche un dialogo, un dialogo con la persona amata, e indirettamente con noi lettori, c’è sempre un ‘tu’, pur (essendoci) in presenza di un io evidente, esposto, anche sovraesposto se volete, ma c’è sempre un dialogo perché l’amore è un sentimento che ci vede tutti coinvolti, ci accomuna tutti.

Ed è un discorso, questo di Anna, che viene da lontano, occupa anche il libro precedente, “La distruzione dell’amore”, si comprende allora che questo coso, come lo chiama Anna, perché non lo può definire, è un mistero, per Anna è un pungolo che la incalza, la tallona, è un nodo problematico fondamentale, imprescindibile, che si porta dietro, dentro, da un po’, come un fardello. Perché l’amore è un sentimento che ritorna continuamente, ad ogni giro di boa, ogni giro di vita, di anni, di circostanze, di incontri, nonostante la distruzione, e nonostante sia distruttivo, rovinoso, catastrofico, è doloroso, è terribile, e nonostante questo noi ogni volta lo accogliamo, ci rendiamo disponibili ogni volta che ci tocca.

Un altro aspetto delle poesie di Anna è che sono poesie-corpo, mettono al centro il corpo, cioè quello di cui parla Anna è un amore materiato, materico, carnale, sostanziale, appunto un corpo vivo come ci dice già il titolo, le stesse poesie escono dal corpo, “dalla pancia” dice Anna nella poesia a pag. 45: queste stupide poesie / che mi uscivano dalla pancia / quando eri lontana. E questo, detto per inciso, fa parte proprio della scrittura delle donne (questa prerogativa tanto negata e tanto contrastata, a volte denigrata, una scrittura che si fa nel corpo, nella esperienza del corpo, e passa poi nella memoria del corpo ).

Quindi quello di cui parla Anna è un corpo energetico, desiderante, desiderio è una parola importante nell’economia di questa raccolta, perché ci restituisce una delle proprietà fondamentali del sentimento amoroso, nella parola desiderio quel ‘de’ non e’ privativo ma ha valore di origine o provenienza e anche indica tensione verso qualcosa (de sidus).

Ma il “de” può essere letto anche come elemento destrutturante che ribalta, interrompe, cambia uno stato: desiderio, allora, come pulsione che destabilizza, rovescia, scombina l’ordine, la perfezione delle costellazioni, per creare un nuovo ordine. Perché l’amore appunto, come tutti abbiamo sperimentato nella vita, quando lo proviamo ci sconvolge, ci destabilizza ma ci dà anche nuova energia, è una forza che distrugge, annienta ma ci spinge in avanti, produce altra energia, ci fa fare cose che mai avremmo pensato di fare.

Questo è il punto, sta qui l’ambivalenza di questo sentimento di cui parla Anna.

In una poesia di pag. 21 Anna scrive: è la catastrofe dell’amore / l’unica vera fonte / di vita / che sposta il nord.

Anche la parola “catastrofe” che Anna usa, è molto interessante, ha in sé la doppia natura dell’amore, l’ambivalenza di cui parlavo, perché deriva dalla parola greca katastrophé in dipendenza del verbo greco katastrépho, e significa letteralmente “capovolgimento”, “rovesciamento”. lo dice il prefisso greco katà-, che nel suo uso preposizionale più semplice esprime il movimento dall’alto verso il basso. L’immagine concreta che ci appare, quella a cui rimanda è quella dell’aratro che rivolta la terra, la ferisce, la taglia ma nello stesso tempo porta alla luce ciò che sta sotto. Il sopra va sotto, migliorando le proprietà fisiche, chimiche e biologiche del terreno e predisponendolo alle successive operazioni di concimatura e di semina. E non è un caso che la stessa Anna parla spesso, nelle sue poesie di semina, di semi (pag. 50:oggi, prima della battaglia, / pianta un seme”).

C’è una parola che significativamente apre la raccolta, quasi una dichiarazione di poetica, di intenti, che dà un po’ il senso a tutta la raccolta, la parola avrakedavra ( noi la conosciamo, la pronunciamo come abracadabra). È una parola ebraica, risale all’aramaico probabilmente (avrah ka dabra) che significa “creo mentre parlo” , quindi dalla parola alla cosa, cioè come dire le parole mettono al mondo il mondo. Quindi Anna usa le parole per dare concretezza, realtà a questo sentimento indistinto, e non a caso usa le parole poetiche, perché poesia vuol dire proprio fare, costruire, è un’azione concreta.

La scrittura quindi diventa non solo ordinatrice di un caos ma anche creatrice di esistenza.

Credo che questa importanza che Anna dà alla parola sia molto ebraico: (Anna appartiene alla cultura ebraica). Come ho già ricordato altrove, Baal Shem Tov (abbreviato in Besht), fondatore del chassidismo, insegnava che un individuo nasce con un numero stabilito di parole. Quando sono state tutte pronunciate quell’individuo muore. Di conseguenza, ogni parola che pronunciamo ci avvicina alla morte e quindi dovremmo chiederci, ogni volta che stiamo per utilizzarla, se vale la pena morire per essa. C’è necessità di non sprecarle, di utilizzarle nel modo migliore. Questo per dire l’importanza delle parole, e dell’uso che se ne fa, e Anna ne fa un uso accorto e straordinario: ogni parola è una scusa / per giustificare / l’inspiegabile / un tentativo di sovvertire la ragione. Ma poi in altri punti Anna mette in guardia sulla inaffidabilità della parola, scrive ad esempio, a pag. 37: non leggermi. / sono parole incantesimo. / sono gli occhi di Medusa. / sono le foglie bagnate diSibilla / (che ti semineranno i futuri / possibili).

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La poesia di Anna è modernissima ma anche piena di rimandi, di echi della migliore tradizione della poesia amorosa, da Saffo a Catullo, dalla poesia trobadorica, provenzale con i suoi topoi (topos) dell’amore non corrisposto, della donna ritrosa, fuggente, della donna deificata ma non angelicata , ad Ariosto con il simbolico amoroso di Angelica che fugge dall’amore, anche con la sua ironia, passando per le poete del ‘500 come Gaspara Stampa con il suo canzoniere sull’amore non corrisposto, malcorrisposto (per il conte Collatino di Collalto). Gaspara scrive in un verso famosoviver ardendo e non sentire il maleche è, vedremo, un’immagine ricorrente nella poesia di Anna. Senza tralasciare Petrarca, il grande modello della poesia amorosa di Petrarca, il cantore dell’amore che distrugge, che annienta, stravolge il corpo e lo spirito, che è tanto moderno in questo (a differenza di Dante che è poeta profondamente medievale), eppure tanto rifiutato oggi soprattutto da un certo tipo di poesia, di poesia di ricerca, e invece Anna lo recupera.

Quindi una poesia dotta, che si muove nella scia della tradizione ma è fortemente moderna per il suo linguaggio esplicito, la sua sincerità, la capacità di rivelare anche i lati problematici, sconcertanti di un rapporto amoroso.

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Alla fine della raccolta compare una poesia sulla madre, e dentro a un discorso amoroso, di rapporto duale. Questa presenza inattesa mette in campo tutta una serie di interrogativi, sull’amore materno, sull’immagine, sul modello stereotipato di questo amore che ci è stato trasmesso, imposto ,insegnato. Tu ci dici invece che anche l’amore materno non è perfetto, è problematico, non è così scontato. È una poesia bellissima oltre che significativa, tenera e tremenda nello stesso tempo. (domanda)

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(Domande)

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M. D.