Nota di lettura (sintesi) di Maristella Diotaiuti per il volume Fuori il silenzio ad ombra, di Anna Bertini, Caosfera Edizioni, 2018, scritta in occasione della prima presentazione del volume dell’Autrice alle Cicale Operose. Letture: Sharazad Cioffi e Michele Paoletti; musica: Irene Busonero (violino) e Franco Sbolci (chitarra).
(…) Il testo è diviso in sezioni, ogni sezione si apre
in esergo con poesie di Giorgio Caproni. (…) La presenza di Caproni è
significativa perché connota tutta la raccolta, e ci dice molto della poetica
di Anna, del suo fare poesia, e soprattutto del perché di questa raccolta che è
un percorso a ritroso: Anna parte sì dalla morte, dalla fine, ma poi va a
ritroso verso gli inizi, verso nuove possibilità, nuove epifanie, un viaggio
che non ammette arrivi, solo tante fermate.
Vi è un continuo intrecciarsi dei temi trattati, con
rimandi, legami di senso e di metrica tra una poesia e l’altra, analessi e
prolessi, tanto da realizzare un narrato poetico fitto e coeso. in questo
libro, si avverte come una sorta di reticenza a dirsi completamente, un
ripiegamento, anche se leggero e comunque raccontato, nelle stanze interiori,
una sorta di deviazione verso il silenzio (non è un caso che quasi tutte le
poesie presenti di Caproni siano state tratte dalle ultime sue raccolte: il
franco cacciatore, il muro della terra, nelle quali Caproni realizza una
profonda riflessione sulla capacità comunicativa e di nominazione della parola,
approdando infine a esisti quasi afasici.
(…) Il titolo dell’opera di Anna ci trasporta in un
territorio liminare, ambivalente, dove il fuori rievoca immediatamente
l’esistenza di un dentro e quindi di una linea di confine, e dove il silenzio e
l’ombra sembrano essere sinonimi anche se nell’ambito della sinestesia, cioè i
due termini appartengono a due piani sensoriali diversi, ma indicano anche una
contaminazione dei sensi nella percezione di un fenomeno (perché la percezione
dell’immagine avviene contemporaneamente).
Qui il silenzio è il silenzio del cuore ma anche dello
sguardo, l’indifferenza, ma Anna lo colloca nel fuori e proprio perché sta
fuori, fuori di noi, in un altrove, non ci appartiene, e quindi il messaggio
non è disperante.
1° tema: lutto : il libro si apre con poesie sulla
morte, o meglio sul lutto, che non è solo riferibile alla morte fisica, ma
anche a tutte quelle perdite che costellano purtroppo la nostra vita e che
impoveriscono e addolorano la nostra esistenza, compresa la perdita del
sentimento di solidarietà, dell’amore per l’altro, la cancellazione della
ricchezza interiore, della sensibilità per la natura e per la bellezza, per le
piccole creature di ortesiana memoria.
(…)
tema della denuncia
(…)
Sguardi
(…) Si tratta di una poetica oppositiva a quella di Caproni che pure qui viene chiamato a convegno, perché in Caproni la nebbia svolge il suo ruolo protettivo grazie alla sua capacità di nascondere le cose, e quindi di rispondere al desiderio del poeta, più volte espresso, di non vedere.
La nebbia, per Caproni, separa due mondi: lo spazio
vicino e quello lontano che è pieno di cose che vanno tenute nascoste, di cose
morte che fanno soffrire. così esprime la sua paura di fronte all’ignoto del
mondo esterno.
Invece Anna, come abbiamo già detto, non ha paura della vita né di confrontarsi con essa, neanche con i suoi aspetti negativi. Come fa nella poesia “sete di pace” nella quale pur avendo vigile lo sguardo sul mondo, e prendendo atto della situazione dell’uomo moderno incapace di slanci, di emozioni, di moti dell’animo, non si dà per sconfitta e indica la strada: respirare nuovamente a pieni polmoni la vita con tutte le implicazioni possibili, riprendersi la capacità di emozionarsi, di amare la vita.
Sete di pace
– prevalenza di parole bisillabe, soprattutto nella
prima strofa, come sete, pace, voce, luce, viene, teme, che danno ai versi
appunto un ritmo saltellante, affannato, che simula, riproduce metricamente e
foneticamente il respiro affannato dell’uomo a cui Anna fa riferimento nelle
strofe successive
– presenza di rime in –ce
– con anche rime al mezzo: come sete-sete (quasi
un’invocazione)
pena-piena: rima interna ricca
pace-voce-luce, che qui è una rima complicata,
sovrabbondante per quel terzo elemento ‘luce’ che interviene a formare la rima
– una fitta rete di assonanze e di allitterazioni sui
nessi -se, -vi, sulle lettere t, c, p, s…
– tutto un ritmo martellante, ma nello stesso tempo
trattenuto, che poi sfocia alla fine in un respiro liberatorio nell’ultima
strofa, sottolineato dalla presenza di parola più lunghe, trisillabe,
quadrisillabe: che indica appunto la ritrovata “ piena, l’energia, che gonfia
il petto d’aria”, che e’ poi il vero messaggio della lirica.
tema della natura
(…)
Tema di Livorno, dei luoghi e della nostalgia. Ancora è chiamato in causa Caproni, e non poteva essere diversamente: non fosse altro per il legame imprescindibile di entrambi con questa città, città da cui partire ma alla quale ritornare, perché è un ritornare alla propria essenza, alla propria anima, alla propria appartenenza, alla propria individuazione nel mondo.
Leghorn:
Il luogo dell’identità ritrovata, ma forse mai perduta, una identità che si confonde con il libeccio, il salmastro, le architetture ottocentesche, i voli alti e striduli dei gabbiani. (…) In questa poesia c’è la parola “cunta”, “la cunta di vento”: in bilico tra due significati: si riferisce ai cunti siciliani, all’arte del racconto nobilmente popolare, o all’ “indugio” dal latino “cuncitari” cioè indugiare? Non ha importanza risolvere il senso, entrambi sono validi per Livorno, dove è forte il senso del racconto ma anche quel tipico indugiare, quell’indolenza che si traduce in una speciale capacità di cogliere e di saper gustare anche le piccole belle cose dell’esistenza e del mondo. Livorno è presente anche e soprattutto in due poesie “Terrazza Mascagni 1 e 2” che sono variazioni sul tema, due poesie speculari, dialoganti, ci raccontano, ci rendono partecipi di un momento di Anna che dalla terrazza guarda il mare, ma stanno anche a simboleggiare due momenti diversi della vita di Anna. Ho provato a leggere le due poesie alternando i versi dell’una e dell’altra, cioè al verso della prima ho fatto seguire il corrispondente verso dell’altra, ne è venuto fuori un altro testo, che è validissimo, e che soprattutto fa emergere più chiaramente il gioco strutturale, la struttura chiastica del testo, con la presenza anche di figure etimologiche paronomasie. Questo ritmo mosso, spezzato, questo mischiare gli elementi del verso, rende: ci restituisce visivamente, attraverso la metrica e la retorica, il movimento del mare. e anche lo sguardo inquieto e partecipe che asseconda la visione delle acque dalla terrazza, visione che non si esaurisce in un istante ma si dilata nel tempo lungo delle stagioni temporali che si avvicendano, ma anche nelle stagioni interiori di Anna, così come si dilatano le possibilità semantiche e sintattiche, morfologiche, ma anche fonemiche delle parole. Tutta questa tumultuosa e controllata scrittura, questa struttura dei versi, è preparatoria all’esito finale, asseconda i moti dell’animo per giungere nei versi finali dove c’è appunto l’opposizione tra ‘passioni’ e ‘ragioni’, cioè due campi semantici opposti. e in questi due termini c’è l’esplicitazione del senso della poesia: la compostezza un po’ raffreddata della raggiunta maturità governata ora dalla ragione e non più dalle passioni giovanili.
(…) Tema: le donne: e non poteva, Anna, dimenticarsi delle donne, che qui troviamo in “Le donne di Amedeo” e “Madri concubine”. “Le donne di Amedeo” è stata scritta proprio qui alle Cicale Operose, e noi siamo felici che il nostro locale e gli eventi che vi si svolgono abbiano suscitato emozioni e ispirato la scrittura di una lirica, l’occasione è stata la serata dedicata all’incontro im-possibile tra le tre donne più significative nella vita di Amedeo Modigliani: Anna Achmatova, Beatrice Hastings e Janne Hébuterne.
(…) Madri concubine
Le donne qui sono colte nel loro ruolo passivo di madri e di mogli, chiuse, segregate in prigioni costruite intorno al loro corpo, alle loro menti, alla loro vita, alla loro libertà. eppure si avverte, Anna ci tiene molto a sottolinearlo, l’impeto vitale che le destina ad altre esistenze, altri voli, altre verticalità. Bellissimi i primi 10 versi, carichi di tensioni, di aneliti, di consapevolezze, di parole semanticamente evocative. Mi rimanda a Margherita di Bulgakov, a quella del Faust di Goethe, all’eterno femminino salvifico, alla condivisione della gioia tutta al femminile, della tensione delle donne alla trasgressione che è sempre momento e pretesto storico ed evolutivo di crescita, di progresso: le streghe non erano che esperte di erbe selvatiche che guarivano, i primi dottori della storia! Quindi donne trasgressive e ribelli rinchiuse nel buio dei monasteri, nel silenzio delle celle di clausura, nei manicomi, nei burqa, tra mura domestiche, spesso, troppo spesso, scenario di violenze e soprusi.
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M. D.