Nota di lettura di Maristella
Diotaiuti per il volume Bly, di Melania Soriani, Mondadori Editore, 2022,
scritta per la presentazione dell’Autrice alle Cicale Operose.
Sono tanti gli uomini ricchi e importanti
partiti da zero. Dove sono invece le donne? Lascia che una ragazza cominci come
fattorino, si farà strada e diventerà qualcuno. Le ragazze sono altrettanto
intelligenti e imparano molto più velocemente, perché allora non possono fare
lo stesso? Nellie Bly
In questo libro, Melania Soriani racconta la storia vera di una donna
eccezionale, Elizabeth Jane Cochran, che prenderà il nome di
penna di Nellie Bly, vissuta tra
metà ottocento e metà novecento
negli Stati Uniti, in Pennsylvania, mettendone in luce la forza e la fragilità,
il coraggio e la tenacia che l’hanno portata a realizzare traguardi impensabili
per i suoi tempi, dopo aver combattuto, più di cent’anni fa, le stesse
battaglie che, purtroppo, ancora oggi non sono state completamente vinte.
Quasi una figura leggendaria, giornalista,
pioniera nella rivendicazione dei diritti delle donne
in una società maschilista e profondamente conservatrice, è stata inventrice del giornalismo di inchiesta,
il giornalismo sotto copertura, imponendosi
nel mondo del giornalismo completamente declinato al maschile.
Avventuriera, una viaggiatrice straordinaria, capace di
compiere il giro del mondo, da sola, in tempi record, in minor tempo del Phileas
Fogg di Jules Verne.
Prima donna
a dirigere un impero d’acciaio (che eredita dal marito), imprenditrice etica: nelle sue fabbriche ci
sono ambulatori medici e biblioteche, si fa attività fisica e corsi per
insegnare agli operai a leggere e a scrivere.
Tra le prime a raccontare il fronte
di guerra, allo scoppio della prima guerra mondiale diventa corrispondente di guerra, documentando
quanto accadeva sui fronti russo e serbo, e scrisse in particolare per aiutare
le vedove e gli orfani.
Una voce scomoda, perché ha assunto sempre il punto di vista degli
oppressi e quindi una voce che minava, andava a colpire gli interessi delle classi
dominanti, o del potere politico, raccontava le condizioni delle
lavoratrici in fabbrica, delle prostitute, nei suoi articoli parla di
lavoratrici sfruttate, lavoro minorile, salari e mancanza di sicurezza nei
luoghi di lavoro. Una delle sue
inchieste più celebri è quella sulla condizione delle donne in un ospedale psichiatrico femminile.
Ma la cosa più interessante e
significativa è che per fare questo, e in maniera onesta e inattaccabile, Nellie Bly si reca di persona sui luoghi di
lavoro, nelle fabbriche, per
toccare con mano lo sfruttamento di cui le donne erano vittime in quanto
operaie. Non solo si finge pazza
per entrare in manicomio, ma si fa anche
arrestare per raccontare la condizione delle detenute nelle prigioni. Per
parlare delle prigioni Nellie si fa mettere in carcere; per scoprire chi c’è dietro il commercio di bambini finge di essere una giovane madre che vuole
disfarsi di suo figlio; per capire come funziona la corruzione politica cerca di corrompere. Con forza,
audacia, testardaggine. In tutte le
storie che segue Nellie infonde sempre la sua personalità, le sue
reazioni, i suoi sentimenti e anche le sue idee su come migliorare
ogni situazione. Insomma, un modo di
fare giornalismo del tutto inedito per il suo tempo, e direi all’avanguardia anche per il nostro presente.
Paradigmatica del suo modo di fare
giornalismo l’intervista all’anarchica Emma Goldman, in carcere giovanissima, a
25 anni, le sue interviste
rompono gli stereotipi. Scrive, riferendosi direttamente al lettore e
coinvolgendolo: forse ve la immaginate alta e ossuta con i capelli corti e i
pantaloni alla boomer, con una bandiera rossa in una mano e nell’altra una
fiaccola accesa, con i piedi che non
toccano terra stando seduta, e – confessa – lei pensava la stessa cosa,
invece si è trovata di fronte un’altra persona, e la descrive.
Nellie Bly
crede in un giornalismo capace di cambiare la società,
in un giornalismo non asservito ai vari
poteri politici economici o di parte, in un giornalismo attivo e attento alle problematiche reali dei cittadini,
e avrebbe molto da insegnare ai nostri
giornalisti. Svolge la sua
professione di giornalista fino
alla fine, scrive fino alla fine della sua vita. E negli ultimi anni aderisce al movimento delle suffragiste.
Una vita davvero epica quella di Nellie Bly che Melania ci restituisce nel suo libro in tutta la sua
portata, perché il libro di Melania
è un libro appassionante, ed è anche scritto molto bene, lo stile
è coerente con il periodo storico
al quale si riferisce, si sentono le sue letture, e la frequentazione di importanti autori di riferimento. Dal punto di vista formale, del genere letterario è una biografia
romanzata, nella quale Melania è
riuscita molto efficacemente a realizzare
un equilibrio, una armonia tra
la componente reale, storica e quella fantasiosa, inventata dall’estro
autorale. Ma soprattutto è una biografia scritta in prima persona, come se fosse un’autobiografia e questo è già un dato significativo.
Mi è capitato altre volte di leggere biografie romanzate, e all’inizio la cosa mi lasciava un po’ perplessa, ma poi, soprattutto
quando si trattava di donne che
scrivevano di donne ho compreso
quale operazione viene messa in atto: un’assunzione dell’identità di un’altra donna. Quindi un atto di responsabilità, un farsi carico della vita di un’altra donna
nella quale ci si rivede, ci si rispecchia in qualche modo, è un
prendersi cura dell’altra.
Il libro di Melania viene presentato qui alle Cicale, in un breve giro di tempo, dopo il libro di Daniela Brogi, “Lo spazio delle donne”, dopo “Le imperfette” di Emanuela Chiriacò e Paola Del Zoppo, e dopo la serata sui saperi delle donne che ha visto tante storie e competenze di donne incontrarsi e intrecciarsi; viene dopo i libri su Beatrice Hastings, pensate che proprio in questo momento si sta presentando l’ultimo libro su Hastings “il peggior nemico delle donne: le donne” a Padova alla libreria “Librati”, e poi a giugno parleremo di Paolina Leopardi con Elisabetta Benucci, domenica 8 parleremo di Eleonora Pimentel Fonseca, con uno spettacolo teatrale, intellettuale rivoluzionaria, eroina della Repubblica Napoletana del 1799, la prima giornalista politica, direttrice del monitore napoletano. E ci piace molto questa sequenza, questa successione, questo concatenarsi di storie di donne, la maggior parte sconosciute e dimenticate. Tutti questi libri, queste operazioni vanno nella stessa direzione, innanzitutto perché restituiscono alla memoria l’esistenza e il pensiero di donne dimenticate o poco ricordate o ricordate male, perché poi sono un atto di giustizia, la riparazione di un torto, ma direi soprattutto perché ci permettono di ritrovare quei mille fili che ci hanno portati, hanno portato noi donne ad essere quello che siamo oggi, che siamo femministe o meno, e quindi ci permettono di ricostruire una genealogia di donne in cui riconoscersi, e così (ri)scrivere un’altra storia, perché quella che si è scritta e raccontata fino ad oggi è stata una storia solo e tutta al maschile e quindi estremamente parziale. Luce Irigaray nel 1987 scrive, in Sessi e genealogie: non dimentichiamo nemmeno che abbiamo già una storia, che certe donne, anche se era culturalmente difficile, hanno segnato la storia e che troppo spesso non ne abbiamo conoscenza. È quindi necessario raccontare anche la storia delle donne, costruire pazientemente una genealogia femminile, scoprendo, studiando, riportando alla luce figure e opere di donne che sono venute prima di noi.
Chiudo citando un’intervista di Nellie Bly ad Ann Lockwood, la donna che vuole diventare presidente degli Stati Uniti negli anni in cui le donne non avevano neppure diritto di voto. Che tipo di donne sostengono le sue battaglie?, le chiede.“Quelle che pensano con la loro testa e lavorano” è la risposta. “Ma se le donne non possono votare e gli uomini in gran parte la detestano che senso ha presentarsi alle elezioni?”. “Mi candido perché questo serva a educare la gente all’idea di una donna alla Casa Bianca”.
M. D.