Nota di lettura (sintesi) di Maristella Diotaiuti per il volume, presentato alle Cicale Operose,
Piovono gabbiani alti, Aldo Galeazzi, 2016, Erasmo Edizioni, Livorno. Foto di copertina: opera di Isabella Staino
E’ una raccolta di 40 poesie, ma che si espande in ricchezza, perché è corredata di scritti in prosa molto vicina al fraseggio poetico, perché piena di spezzature, slittamenti semantici, frammentata, allusiva, ma anche graffiante e ironica, dissacrante, scritti che amplificano e, in alcuni casi chiariscono il senso dei versi, e in alcuni casi lo ingarbugliano ulteriormente!
C’é poi una sezione finale nella quale sono presenti scritti, interventi di amici e lettori che hanno voluto esprimere la loro stima, e il loro coinvolgimento emotivo, affettivo ad Aldo. Questo accogliere scritti di altri all’interno di un libro così personale com’è appunto un libro di poesie, la dice lunga sul modo di essere di Aldo e sul suo fare poesia. Non a caso la raccolta si apre proprio con una poesia dedicata agli amici, come se fosse un manifesto, e anche una cifra stilistica. In questa poesia irrompono nel verso i suoi valori e i suoi ideali che entrano a gamba tesa nel suo fare poetico, e lo permeano nel profondo, infatti questa traccia la ritroviamo sottesa un po’ in tutte le sue poesie, come un filo rosso.
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Aldo parla in maniera esplicita delle parole e lo fa in diverse poesie, in particolare in una, banane morte, dove appunto ci dice che il poeta è un uomo di parola, ma è una parola che non si esaurisce in se stessa, né si nutre di se stessa, perché la parola poetica non descrive e non ha verità precostituite.
Banane morte è una vera e propria dichiarazione di poetica: i poeti cioè possiedono le parole, e in esse e con esse reinventano il mondo, germinano pensieri, rafforzano visioni. I poeti sono visionari, perché colgono l’anima delle cose, ma è una visione che non accontenta, non porta verità anzi apre ad altre verità e pone altre domande. ecco perché non può essere scritta.
Ma le parole dei poeti sono anche gesti, sono cose concrete: un paio di scarpe, gambe del tavolino, banane: sono cose e sono azioni. La poesia nasce da una necessità profonda e irreprimibile di assoluto, perciò si manifesta con le parole, ma si rivela al di là di esse.
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Terza poesia: piovono gabbiani alti
Quella di Aldo è una poesia costantemente giocata su un doppio movimento: un salire verso alto e uno scendere verso il basso. Come ci dice già nel titolo, e nella poesia che ha dato il titolo alla raccolta, in alto volano i gabbiani in basso cadono, piovono i gabbiani.
Questi gabbiani ricordano gli albatros di Baudelaire, i maestosi uccelli che hanno ali immense e possenti che permettono loro di dominare le tempeste e le vertiginose altezze, ma che poi sulla terra li rendono goffi perché impediscono i movimenti, e quindi li espongono alla derisione degli altri.
E’ chiaramente una metafora della condizione del poeta, ma anche della poesia stessa; il basso non è solo il luogo dove si realizza l’eccentricità del poeta rispetto alla realtà, ma anche l’urgenza di immettere la poesia e la parola nella carne viva della materia, come diceva Marina Cvetaeva, una straordinaria poeta russa vissuta durante la rivoluzione bolscevica, “l’irraggiungibile non è mai alto”.
Cioè il poeta ha le mani nella realtà, la trasfigura, ma ha bisogno della materia per poter poi scrivere.
Infatti spesso le poesie di Aldo provengono dalle strade, dai cinema, i bar, le case delle donne e degli amici, dalle relazioni concrete, dalle notti insonni, e sono poesie spesso autobiografiche, non nel senso che parla di sé , ma nel senso che traggono materiale dalla sua vita come da un magazzino.
Per questo la sua scrittura poetica è anche una scrittura--corpo, cioè una scrittura in concomitanza con il ritmo del suo respiro, con il ritmo biologico del suo corpo e della sua esistenza, in concomitanza con gli incontri più o meno importanti.
Aldo cioè è profuso nelle cose e nelle persone che incontra e la sua scrittura ne è profondamente influenzata, ma positivamente, in bellezza e passione.
Per questo “alto” e “basso”, questa doppia casa, questa scissione tra visione e concretezza, la sua è una poesia dell’esilio. E’ chiaro che l’esilio spesso è una condizione psicologica, che si traduce in una più o meno marcata incapacità a condividere le leggi comuni del vivere, i conformismi, le abitudini sociali…
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Sempre per questo suo sguardo rivolto al reale, la sua è anche una poesia politica, civile: avere la consapevolezza che ci muoviamo perché qualcuno ha azionato “tre giri di carica alla farfalla che hai sulla schiena” come dice nella poesia “cgl – cisl – uil “ . Ma è anche non ritrovarsi più, non riconoscersi in un gruppo, perché ormai senza ideali, come fa nella poesia “slogan” che mi ricorda un po’ l’immagine evocata da Pasolini ne “Le ceneri di Gramsci” di uno straccetto rosso inseguito senza convinzione, senza consapevolezza, da una schiera di gente (e in questa poesia Aldo fa anche riferimento all’ennesima morte di Pasolini).
Aldo è poeta in esilio, anche perché fronteggia un dolore senza rimedio, non condivisibile, come nella poesia “vuoti a lasciar perdere”, o “buio” , o “lampo i”…
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La poesia di Aldo ci parla, parla di noi, parla per noi.
Ed è così che governa il caos del mondo, del suo mondo, con un linguaggio che lo contenga, che non lo fasci per nasconderlo, ma anzi lo sveli, magari facendo finta di niente. Aldo attraversa il mondo, la parola, la poesia, la vita con piglio da ragazzo, come un vecchio-bambino in uno stato di angelica-diabolica purezza, innocenza, come se rinascesse continuamente.
Aldo è poeta della fragilità umana, ma è anche vero che la sua poesia apre nuovi possibili scenari, in una visione, una tensione tutta leopardiana, di palingenesi futura".