Nota di lettura di Maristella
Diotaiuti per il volume “Altrove. Racconti dalla nuova Pangea”, di Gemma
Vignocchi, Transeuropa Edizioni, 2016, scritta in occasione della
presentazione alle Cicale Operose.
Cinque storie di immigrazione, con ambientazione diversa ma uno stesso paese che li accomuna: l’Italia. Ruotano tutte intorno ad un tema centrale: appunto l’immigrazione, o meglio le ripercussioni psicologiche, intime, emotive e anche di vita ovviamente che subiscono gli individui che, o per costrizione o per scelta, abbandonano il proprio paese venendo a contatto con una realtà sociale, culturale, linguistica, a volte ostile, nelle migliori delle ipotesi indifferente.
Sono storie costruite intorno a fatti, situazioni, incontri, che possono capitare a chiunque.
Senza voler anticipare le storie per non sciupare la lettura di questo libro, faccio solo qualche cenno agli argomenti trattati da Gemma.
1° racconto: racconta di una donna che, seduta al
tavolino di un bar, tra l’altro a Napoli, intreccia una conversazione con una
ragazzina macedone che tenta di venderle una penna (e sono anche rimasta
perplessa di fronte all’atteggiamento di questa donna, che rifiuta di comprare la
penna pur venendo a conoscenza del vissuto difficile della ragazzina).
2° racconto: la protagonista della seconda storia è Chamila, venuta dallo Sri Lanka qui in Italia, dove lavora come colf in casa di una giornalista. una notte le squilla il telefono e un’infermiera le comunica che il figlio è ricoverato in ospedale e deve subire un intervento chirurgico. da qui prende le mosse tutta una serie di riflessioni, ricordi, confessioni, che vanno a ricostruire tutto il vissuto di questa donna, di suo figlio e della sua famiglia. emerge anche il fitto reticolo di rapporti che lega tra loro i cingalesi. nei pensieri notturni di Chamila, al capezzale del figlio, scopriremo la sua storia.
3° racconto: la terza storia ci racconta di un immigrato “di lusso”, un artista, cantante e direttore d’orchestra americano che si è sempre sentito “straniero” in Italia come al suo paese. ha scelto di venire in Italia perché patria della musica, e vi rimarrà anche dopo aver perso la vista in seguito ad un’aggressione, affiderà ad un registratore, a scopo terapeutico, i suoi pensieri e la ricostruzione della sua vicenda personale (tema della “narrazione” e della “letteratura di migrazione”, questi personaggi sentono il bisogno di raccontarsi attraverso una narrazione per recuperare se stessi ed entrare in relazione con gli altri).
4° racconto: dedicato ad un ragazzo tunisino, minorenne che, come tanti, fugge su un barcone alla disperata ricerca di una vita migliore, e che scrive lunghe lettere alla giovane innamorata che ha lasciato in patria (anche qui ricorre il tema della narrazione), e che viene sballottato da un centro d’accoglienza all’altro (tema della politica di accoglienza dei paesi ospitanti), fino a che la sua storia non prenderà una direzione inaspettata. Questo racconto è molto interessante per un altro aspetto che pure emerge: cioè la storia, le vicende di chi resta e vive il distacco, la perdita, il dolore della separazione dall’altra parte, e inoltre in questo racconto prende anche una piega particolare e inaspettata circa il rapporto uomo-donna, il modo diverso di vivere e pensare il rapporto amoroso o sentimentale.
5° racconto: la protagonista dell’ultimo racconto percorre la strada inversa: dall’Italia si sposta in Francia, seguendo l’amore. ma la sua Parigi non è quella luccicante del centro, ma quella grigia della periferia. In questo racconto è molto evidente il tema dello spaesamento e della nostalgia.
Tutte queste storie hanno seguono inizialmente uno svolgimento normale, e poi all’improvviso hanno uno scatto al loro interno, una virata che ci porta da un’altra parte ma che ci fa cogliere altri aspetti. Vi è poi una presa di coscienza da parte dei protagonisti che cambia le loro prospettive, il modo in cui vedono la loro vita. Ma nessuna storia trova una conclusione, resta come sospesa, quasi in attesa di giudizio, come se il senso del loro viaggiare i vari protagonisti lo trovassero nella verità delle loro esistenze, nei loro stessi pensieri, nel loro raccontarsi.
Ci sono molti altri aspetti interessanti in questi
racconti. Innanzitutto non c’è un fine
moralistico, ma qualcosa di certo insegnano e cioè che condividiamo tutti lo stesso destino da
qualunque latitudine veniamo. Poi
queste storie possiedono tutte il dono della verità, non ci sono invenzioni esteriori, per cosi dire, ma Gemma
attinge solo ad avvenimenti intimi, a scosse del cuore.
Non è una scrittura giornalistica, nel senso che l’occhio della giornalista, l’interesse per i fatti sicuramente sono presenti, ma vengono utilizzati da Gemma per arricchire il narrato, soprattutto per disegnare il personaggio nella sua interezza, per renderlo più compiuto, ma mai agisce come dato freddo e statistico, il fatto di cronaca è sempre immesso nel magma incandescente dei ricordi, della confessione intima, dell’urgenza di dirsi dei personaggi stessi. Agiti così è come se i fatti di cronaca parlassero da soli, Gemma tende a scomparire, è spettatrice di un mondo, rispettosa ma partecipe ed emotivamente vicina a quello che registra e racconta.
Il tutto poi attraverso una scrittura lieve, mai compiaciuta, che ha la capacità di creare una suspense, un’attesa per il destino dei personaggi.
Come si può capire anche dal titolo, “Altrove”, a Gemma interessa anche far emergere la condizione di spaesamento che vivono tutti quelli che abbandonano il proprio paese per vivere in un altro straniero, è il destino comune di chi è sospeso tra due realtà. Anche la condizione di perdita della propria identità e il bisogno, l’urgenza di doversene costruire una nuova e la consapevolezza che è un processo doloroso. Questa condizione di spaesamento si accompagna sempre a un sentimento di nostalgia e di dolore, nostalgia intesa come malattia del ritorno e dolore legato alla lontananza dalla propria terra. Ricordiamo che “nostalgia” deriva dal greco “nostos” che vuol dire “ritorno”, e “algos” che vuol dire “dolore”, quindi dolore, sofferenza del ritorno. Ed è proprio ciò che accade ai protagonisti dei racconti di Gemma, in particolare alla protagonista dell’ultimo racconto.
Inoltre Gemma vuole indagare anche la condizione di invisibili che vivono i migranti. Come ha sostenuto lo studioso italiano, Alessandro Dal Lago, è come se i migranti fossero delle non-persone perché prive di identità, e paradossalmente anche se sono percepiti come una minaccia o una invasione nello stesso tempo sono invisibili.
La definizione che la nostra cultura concede agli stranieri emigranti è sempre nel segno del “non” che produce una sorta di neutralizzazione e di esclusione, di allontanamento. I migranti sono ingabbiati in una perenne dimensione di alterità rispetto alla nostra cultura, e le molte vicende sono ridotte a una sola impersonale e distante da noi. Ma gemma invece procede con l’intento opposto: per lei ogni storia è una storia unica, personale, ogni migrante è portatore di una sua storia, unica e irripetibile, mentre i discorsi pubblici sulle migrazioni ne fanno una massa indistinta, in cui uno è uguale all’altro.
Se etimologicamente “straniero” si accomuna a “strano”, a “straordinario”, se per l’immaginario collettivo il migrante è sempre povero, ignorante, cattivo, disperato, Gemma suggerisce che migrante può essere anche un musicista ricco e famoso, o una stessa italiana che lascia il proprio paese per scelta, per seguire un amore.
Insomma questo di Gemma è proprio un bel libro, una bella lettura, ricco di riflessioni, intenso, intelligente, senza pregiudizi, delicato e accogliente ma anche forte in alcuni tratti. Certo una prova di scrittura alta e matura, sorprendente per un primo lavoro letterario.
M. D.